Il partito è già al lavoro

RomaUna volta sdoganate, le primarie restano per il Pdl un problema aperto. Il neosegretario Angelino Alfano le vorrebbe usare per ogni cosa: dal segretario cittadino a quello nazionale, dal sindaco al presidente di Regione. Anche Berlusconi ha dato il suo placet. Anche se resta piuttosto preoccupato. Nella sua memoria, come in quella di tutti noi, è ancora vivido il ricordo del pasticciaccio napoletano quando, nel gennaio scorso, il Pd fu costretto a fare retromarcia cancellando di fatto l’esito delle primarie cittadine e affidando il compito di sfidare Lettieri e De Magistris all’ex prefetto Morcone. C’è poi chi, come il portavoce del Pdl Daniele Capezzone, vorrebbe addirittura le «primarie di programma» per definire i temi più urgenti su cui improntare la battaglia politica.
Insomma le primarie entrano di peso nell’agenda del Pdl. Al momento è già al lavoro una «squadra di tecnici», guidata da Gaetano Quagliariello, capogruppo vicario del Pdl in Senato, per mettere mano a una bozza di legge. L’uso di questa consultazione popolare dovrebbe essere regolata e agganciata alla riforma elettorale, o almeno al sistema di voto in vigore. E questo allo scopo di evitare pasticci.
Vista la recente nomina di Angelino Alfano alla guida del Pdl, non è il caso - come spiega Mario Valducci - pensare a primarie per cercare il candidato premier. Il carisma di Berlusconi, secondo l’ex coordinatore, è tuttora intatto ed è presto per pensare a questa eventualità. Rodiamole, piuttosto - sembra dire Valducci - per le amministrative. Poi si vedrà. Di sicuro saranno «primarie all’americana». Lontane dal modello raffazzonato messo in campo dal centro-sinistra (a iniziare dal 2005 quando si scelse questo sistema per individuare il candidato alla guida della Regione Puglia). Sotto i gazebo del Pd in questi sette anni è potuto passare chiunque (anche più di una volta, come tanti servizi giornalistici hanno dimostrato). Serve, quindi, un modello più rigoroso e più collaudato. Ovvio guardare al di là dell’Atlantico. Magari con l’iscrizione degli elettori in un registro. Tanto per non correre rischi di imbrogli. «Il modello è semplice - spiega Quagliariello -. Tesserati e sostenitori di un partito o di una coalizione vengono registrati in un elenco da trasmettere a una autorità pubblica che svolga la funzione di controllo. Quest’ultima deve verificare se le persone iscritte in questi elenchi abbiano i requisiti per votare e soprattutto che non siano registrate in più liste». Quagliariello entro pochi giorni sottoporrà alla segreteria del partito la sua proposta di legge. Dove si spiega che il nuovo sistema delle primarie deve rimanere nel solco tracciato dal nostro quadro costituzionale. Impossibile, per il momento, pensare a primarie per scegliere il candidato premier, visto che quest’ultimo non è formalmente eletto col voto popolare. «Quando lo sarà - aggiunge Quagliariello - potremo anche riformare l’istituto delle primarie. Per il momento hanno senso soltanto per quelle cariche monocratiche espressione diretta della volontà popolare come sindaco, presidente di Provincia e di Regione».


Quagliariello prende le distanze, invece, da chi vorrebbe questo istituto utile anche per la democrazia interna ai partiti. «Non ha senso - replica - si chiamano primarie proprio perché sono seguite da un’altra consultazione. E poi i partiti hanno luoghi di confronto democratico al loro interno dove si possono esprimere tutte le opinioni».

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