«Il partito di Mr. No colpisce le Autostrade»

«In Italia è difficile realizzare le infrastrutture e sostenere piani di sviluppo all’estero»

«Il partito di Mr. No  colpisce le Autostrade»

da Roma

«Sarà forse vero che cinque anni fa le autostrade francesi funzionavano meglio delle nostre, ma non è più così. In Italia, per la qualità del servizio, non siamo peggio della Francia. È invece vero che da noi le autostrade sono più trafficate. E questo è il risultato di un blocco che da più di vent’anni riguarda la costruzione di nuove reti viarie. Così da una posizione di leadership ci troviamo in quella di fanalino. Lo stop è pressoché totale dall’inizio degli anni Ottanta». Non sono pochi i sassolini che, in questa intervista, Giovanni Castellucci, ad di Atlantia e di Autostrade per l’Italia, si toglie dalle scarpe. L’Italia, per il top manager, è sempre più il Paese dei «signor no», sia in fatto di facilitare l’adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture stradali sia nel sostenere i piani di sviluppo all’estero in nome di «una italianità da difendere - spiega Castellucci - che alla fine si è rivelato un falso problema». Il riferimento è allo sfumato matrimonio con Abertis, dopo che Alemany Mas, ad del colosso spagnolo, ha annunciato il tramonto di ogni possibile progetto di fusione (alla fine del mese Abertis potrebbe anche uscire da Schema28, la holding dei Benetton che controlla Atlantia).
In Italia si è costretti a navigare a vista...
«In tutti i Paesi del mondo prima di realizzare nuove opere ci si confronta con le istituzioni, con tempi anche lunghi. Ma quello che all’estero è un’eccezione, in Italia è la norma. E l’eccezione, da noi, è quell’opera che riusciamo a portare avanti in tempi rapidi. Si tratta di eccezioni basate sulla possibilità, non più prevista dalla legge, di ricorrere a imprese di costruzione che controlliamo, quindi con competenze specifiche per realizzare lavori di potenziamento autostradale in presenza di traffico. Con l’articolo 12 del collegato alla Finanziaria 2006 tale possibilità è svanita».
E svanite sono anche le nozze con Abertis...
«Con Abertis i rapporti restano ottimi e costruttivi ma, al momento, non esiste più alcun progetto concreto di fusione».
Un’occasione perduta?
«No, perché obiettivo del matrimonio era uno sviluppo internazionale caratterizzato da una base finanziaria più ampia e non finalizzato all’Italia. Sicuramente, però, quanto è successo non ha rappresentato una vicenda positiva per il Paese davanti all’Europa».
Si è parlato tanto di difesa dell’italianità, un po’ come accade oggi per Alitalia. Si temeva un blitz spagnolo «mascherato»...
«Le discussioni riportate e fonti di polemica risentivano di una certa emotività che non ha dato il giusto quadro di un progetto di sviluppo internazionale congiunto con basi finanziarie solide. L’italianità era un falso problema. La questione degli investimenti e della garanzia era facilmente risolvibile».
Notizie da Bruxelles?
«C’erano due dossier aperti: uno dalla Concorrenza e l’altro dal Mercato interno. E al Mercato interno hanno ancora i fari puntati sull’iter relativo alle concessioni».
Intanto il Nars, organismo tecnico del Cipe, ha mosso osservazioni e avanzato proposte di variazione sulla nuova convenzione fra voi e l’Anas...
«Riteniamo che l’accordo sia un buon equilibrio tra le esigenze di trasparenza e certezza per il concessionario privato e l’esigenza di mantenere le dinamiche tariffarie più contenute».
E il nodo investimenti?
«Se fosse approvata la Convenzione unica dello scorso ottobre avremmo un piano di 18 miliardi da qui al 2020. Oggi, 7 di questi 18 miliardi non sono ancora attivati, perché strettamente legati alla Convenzione unica. Per gli altri, con l’investimento di 1,4 miliardi previsto nel 2008 andremo avanti celermente su tutta la Variante di valico e avvieremo i lavori sull’ Adriatica».
In India e Cina le nuove infrastrutture crescono a vista d’occhio. State guardando a questi Paesi?
«Le opportunità devono essere scelte sulla base delle competenze e delle risorse finanziarie. Ma il piano di 18 miliardi in Italia è sicuramente impegnativo e non credo lascerà tantissime risorse per crescere a livello internazionale. Ci impegniamo, comunque, a creare presenze importanti in America Latina, Est Europa e Turchia per sfruttare opportunità di sviluppo, ma creando valore».


Agirete soli o con altri partner?
«Abbiamo le competenze tecniche per gestire questi piani in prima persona. E se l’impegno finanziario si presentasse elevato non escludo partnership».
Anche con Abertis?
«Partner finanziari possono sempre servire».

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