Pasqua in casa, pistole alla tempia

da Chiavari

Pasqua. Pieno giorno. Quattro persone in casa. L’unico pensiero è per il tempo che potrebbe regalare qualche goccia di pioggia nella villa di Ri Alto, sulle alture di Chiavari ma non troppo isolata. Il vecchio capitano d’industria cerca solo serenità con la figlia e la nipote con il marito che sono venuti a trovarlo in Riviera. A tutto pensa tranne che all’idea di vedersi la canna di una pistola puntata in faccia, di trovarsi di fronte due rapinatori armati e sprezzanti al punto di non indossare neppure un passamontagna. Invece verso le tre del pomeriggio il blitz sconvolge la tranquilla giornata.
Un ex dirigente di un'industria cartaria piemontese, novantaseienne, sua figlia e sua nipote col marito vengono sorpresi dai delinquenti. Che entrano nella casa a due piani pistole in pugno e si comportano da veri «professionisti». Fanno capire subito che sono disposti a tutto, ma non sparano neppure un colpo in aria. Puntano subito l’arma contro la giovane coppia che si trova al piano terra, poi salgono al piano superiore dove c’è il novantaseienne con un braccio rotto e la figlia di 71 anni. Attuano il piano studiato in ogni dettaglio e preparato chissà da quanto. Per prima cosa immobilizzano i proprietari, strappano del filo elettrico e lo usano come corda per stringere i polsi dei due uomini e delle due donne. Li portano in bagno, li chiudono dentro, e contano sul fatto che nessuno di loro avrà il coraggio di provare a liberarsi, almeno finché in casa ci saranno due pistole pronte a sparare.
Il resto del blitz è la parte più facile. L’obiettivo è la cassaforte. Che però non c’è. A poco servono le minacce, cncentrate soprattutto verso l’uomo più giovane. Ma la violenza non serve. La villa ha un piccolo tesoro a portata di mano, nei cassetti e sui mobili. Dal primo inventario mancheranno circa centomila euro tra denaro contante, gioielli e strumenti hi-fi di notevole valore. I malviventi hanno tutto il tempo per agire indisturbati. Perché con ogni probabilità hanno un complice o forse due a far da palo. Si concedono anche il «lusso» di fare i gentiluomini: offrono dell’acqua all’anziano proprietario e qualche acino d’uva alla nipote che sta per svenire. I banditi armati commettono un errore che potrebbe essere fatale, lasciano un’impronta che verrà rilevata. Poi escono da dove sono entrati. Da quella porta che, come ben sapevano per aver studiato le abitudini della famiglia, era praticamente aperta, protetta solo da un cancello che bastava scavalcare.
L’anziano dirigente, residente a Casale Monferrato, rimane legato fino a quando il marito della nipote, sicuro che in casa non ci sono più i rapinatori, riesce a liberarsi e a slegare gli altri. È già passata un’ora e mezzo dall’irruzione quando al centralino del «112» arriva la richiesta d’aiuto. I carabinieri di Chiavari e del comando provinciale sono sul posto in pochi minuti e iniziano le indagini. Pochi ma decisivi i dati da cui partire per la caccia ai banditi. Oltre all’impronta, sicuramente importante, tra gli elementi forniti dalle vittime ancora sotto choc, c’è il particolare dell’accento slavo che i malviventi non sono riusciti a celare dando ordini ai loro quattro ostaggi.

Che, dopo aver trascorso la notte nella stessa villa dell’incubo, sono stati ascoltati a lungo ieri dai carabinieri che hanno compiuto altri sopralluoghi. Il capitano d’industria piemontese è stato visitato da un medico: con quello che ha passato sta decisamente bene.

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