Passera risponde ad Armani «Prada in Borsa per crescere»

Laura Verlicchi

Due debutti in Borsa nell’arco di una settimana: il mondo della moda sta vivendo giorni irripetibili. Una prova di vitalità che conferma il ritorno in salute per i big del settore, dopo la crisi dei consumi del 2009.
A Hong Kong, da venerdì scorso, c’è Prada, che ieri ha messo a segno un rialzo del6%: «Una bella storia italiana», come l’ha definita Corrado Passera, ad di Intesa Sanpaolo da Pechino, dove è arrivato ieri insieme con il capo del corporate Gaetano Miccichè per festeggiare i trent'anni del gruppo (dai tempi della ex Comit) in Cina. Passera ha così risposto indirettamente alla polemica innescata da Giorgio Armani, che aveva criticato la visibilità portata ai marchi della moda dalle operazioni finanziarie. «Qui non si trattava di quotare Prada per pagare i debiti - ha precisato -. Con i soli flussi di dividendi non ci sarebbero stati problemi a estinguerli. L’obiettivo è quello di favorire lo sviluppo e di fare del gruppo un polo di nuove aggregazioni». Intesa ha conferito all’Ipo il 4% del capitale (ne deteneva il 5% dal dicembre 2006), incassando 360 milioni, di cui 255 di plusvalenza.
E domani sarà il momento di Salvatore Ferragamo: in Piazza Affari, «una scelta obbligata per un simbolo del made in Italy», l’ha definita il presidente Ferruccio Ferragamo, figlio del fondatore. Eppure, anche la griffe fiorentina, proprio come la «rivale» milanese, deve ringraziare le Tigri asiatiche: a loro infatti deve la spinta decisiva al fatturato che l’ha portata fra le aziende più dinamiche del settore moda. Che, peraltro, sta vivendo nel suo insieme «un momento d’oro», come lo definisce l’analista storico del settore, Carlo Pambianco: nei primi tre mesi del 2011, infatti, gli undici principali gruppi della moda in Italia hanno aumentato il giro d’affari di oltre tredici punti percentuali (per la precisione +13,6%), arrivando a 4,3 miliardi di euro. In questa classifica, Ferragamo occupa la terza posizione: il gruppo ha registrato un incremento del fatturato doppio della media (+27,5%), a 210 milioni di euro, grazie soprattutto alle vendite nell’area dell’Asia Pacifico - escluso il Giappone - che sono aumentate del 42,3%.
Così, il collocamento della maison, a 9 euro per azione, poco sotto la metà della «forchetta», ha incontrato l’approvazione degli investitori- la domanda è stata pari a 3,6 volte l’offerta - e dei gestori: «Non è regalato ma è un prezzo direi accettabile. É a sconto del 10-15% rispetto ai rivali del lusso», spiega Alessandro Frigerio, di Rmj. In effetti, secondo uno studio di Mediobanca, che segue anche l’Ipo come global coordinator, la media del settore è vista a multipli di 21,4 volte in termini di prezzo/utili, mentre il range di prezzo proposto da Ferragamo - tra 8 e 10,5 euro - era sulla base di multipli compresi tra le 16,4 e le 21,3 volte.
Dall’Ipo la maison ha raccolto circa 344 milioni di euro, «un successo», secondo la maggior parte degli analisti. Un risultato su cui ha certamente influito la solida situazione finanziaria del gruppo fiorentino, che prevede di distribuire nel 2012 una cedola intorno al 40-50% dell’utile netto realizzato quest’anno. Ma come stanno andando, dal punto di vista delle vendite, le griffe che già da tempo «sfilano» quotidianamente sul listino? Tornando alla classifica iniziale, troviamo al primo posto fra le aziende quotate, Bulgari, gioiello del made in Italy che però a marzo è passato nel forziere del colosso francese Lvmh.

«Ma il dato forse più interessante della classifica- sottolinea l’analisi di Pambianco - è il balzo in avanti di Aeffe, che lo scorso anno occupava una delle ultime posizioni. Il gruppo guidato da Massimo e Alberto Ferretti ha agganciato con decisione il momento d’oro dei big del lusso, chiudendo il primo trimestre con ricavi in crescita del 17,4% a 72 milioni di euro».

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