La passione futurista di Laura Biagiotti: «Mando i miei Balla al Guggenheim»

La passione futurista di Laura Biagiotti: «Mando i miei Balla al Guggenheim»

Fra arte e moda c'è da sempre una corrispondenza di amorosi sensi. La prima trova in grandi committenti e mecenati un motore propulsivo di tutela, diffusione e protezione. La seconda, un ampio territorio dove attingere ispirazione. Per questo fra le nuove prossime tendenze si prevedono citazioni di una importante corrente artistica italiana. Infatti, dal 21 febbraio al 1° settembre, si celebra al museo Guggenheim di New York il Futurismo con 360 opere di oltre 80 artisti. Un omaggio al movimento che dal 1909 al 1944 ha segnato un'epoca. Fra i protagonisti - Boccioni, Carrà, Depero e tanti altri - non poteva mancare Giacomo Balla con tante opere, tre delle quali provenienti dalla Fondazione Biagiotti Cigna che custodisce oltre duecento lavori dell'artista collezionati da Laura Biagiotti e dal marito Gianni Cigna, prematuramente scomparso.
Secondo Sgarbi, gli stilisti collezionisti sono colpevoli di intrecciare arte e marketing...
«Non intendo entrare in polemica con Sgarbi, un mio vecchio e caro amico! Ritengo però che vada apprezzata la disponibilità degli “stilisti-collezionisti”. Anche i grandi mecenati della storia come Lorenzo il Magnifico o i Papi del Rinascimento e su su risalendo fino ai Rockfeller, piuttosto che ai banchieri europei, tutti dico tutti, intendevano ricavare dall'investimento in arte una loro revenienza in termini di fama e di illuminismo. Quest'atteggiamento oggi si chiama marketing che è una brutta parola, ma se la trasformiamo in una volontà di rendere maggiore conoscenza e diffusione dell'arte a tutti i livelli, possiamo nobilitarla con la formula “pop-art”...»
La moda ha un debito nei confronti dell'arte?
«Sì, e trovo che sia molto elegante restituire sostegno e disponibilità agli artisti soprattutto del passato, che hanno contribuito a creare il mito del nostro Paese quale grande culla universale del bello, promuovendo esposizioni, mostre e quant'altro serva a far conoscere alle giovani generazioni di quale immenso patrimonio dispongono».
Che cos'è l'arte secondo lei?
«Un'emozione profonda e sincera così come la vista di un tramonto un raggio di luce, il mare in burrasca e soprattutto il sorriso di un bimbo».
Ricorda una particolare emozione legata a un'opera?
«Da giovane ho visitato il Museo del Louvre e più che il sorriso enigmatico della Gioconda, mi ha “folgorata” la scultura della Nike di Samotracia che prorompeva nello spazio con il suo anelito di libertà, ansimante di bellezza e vitalità. Più tardi conoscendo il pittore futurista Giacomo Balla attraverso i racconti delle figlie Luce e Elica, ho provato una nuova, grande emozione».
L'arte accelera l'immaginazione della moda?
«Arte e moda hanno molti territori comuni perché la bellezza è artigianale, frutto d'ingegno e manualità. Sono convinta che l'arte acceleri l'immaginazione non solo di uno stilista, ma di qualunque mente aperta e curiosa».
Cosa nel suo modo di fare moda rimanda all'arte?
«Un grande rispetto per il mio nobile mestiere e per le persone che avranno voglia di scegliere le mie creazioni».


Ci sono spunti artistici nella nuova collezione che sfila a Milano?
«La mia nuova collezione rappresenta la tappa di una lunga contaminazione fra creatività e realizzazione artigiana nel continuo segno d'ispirazione al bello, in uno sperimentalismo inappagato e continuo che mi concedo ancora, con i miei settant'anni in fiore, divertendomi nel labirinto creativo e fortemente mediatico del Made in Italy, alla ricerca di un linguaggio contemporaneo nello spazio immensamente suggestivo del saper far moda».

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