Ma no, non si tratta di detestare l’Europa e volere la sua fine. Al contrario, si tratta di amare l’Europa vera e intera e di non accettare che si riduca solo a una sua parte. L’Europa non è la sua moneta, ma la moneta dovrebbe essere una sua espressione. L’Europa non è la Germania, ma la Germania è una sua componente centrale.
L’Europa non è un mercato, ma il mercato costituisce uno dei suoi bastioni. E l’Europa è plurale non solo perché varie e gloriose patrie la compongono e certo non si devono suicidare per dar luogo all’unione. Ma anche perché l’Europa ha inevitabili punti cardinali, c’è un’Europa dell’ovest e una dell’est, e soprattutto c’è un’Europa del nord, celtica, scandinava e di impronta protestante, e un’Europa del sud, mediterranea, latina e di impronta cattolica, con punte ortodosse.
Chi pensava che queste differenze fossero solo storiche, culturali, fumose e irrilevanti non si rende conto che quelle differenze riaffiorano anche su temi finanziari, come mostra la posizione spagnola, italiana e greca di questi giorni.
A metterle insieme manca un’Europa politica; e mi consola pensare che una tesi qui esposta tempo fa come il vaniloquio di un pazzo-ovvero la nascita di un governo politico europeo e di un presidente dell’Europa Unita- sia diventata un vero progetto politico sposato da soggetti forti. Ho una convinzione: o facciamo un decisopasso avanti verso uno Stato sovrano europeo o un deciso passo indietro ripristinando le piene sovranità nazionali. Se restiamo nel mezzo, con Stati dimezzati, moriamo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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