Politica

Il pastorello che divenne miliardario

Marcello Foa

Quando era un bambino viveva nel Mali nessuno avrebbe puntato un centesimo sulla sua riuscita. Quando era un bambino non sapeva nemmeno leggere: era analfabeta. Oggi, a 34 anni di età, Malamine Koné guadagna un milione di euro al mese. A Parigi è rispettato, riverito, persino temuto: la sua società «Airness» fa concorrenza ad Adidas e Nike nel campo dell’abbigliamento sportivo. Cifre da capogiro: in solo sei anni il fatturato passa da zero a 95 milioni di euro; i punti vendita sono oltre duemila. E da capogiro è la sua splendida storia.
Malamine nasce il 21 dicembre 1971 a Niena, un villaggio sperduto del Mali senz’acqua e senza elettricità. Tre mesi dopo, suo padre emigra in Francia mentre lui e il fratello restano con la bisnonna. Appena compie quattro anni viene spedito nei campi ad accudire il patrimonio di famiglia: una decina di pecore. Quando compie sei anni la bisnonna non si pone nemmeno il problema se mandarlo o no a scuola per una ragione ovvia: le scuole a Niena non esistono. «Avevo due sole occupazioni: portare al pascolo il bestiame e procurami il cibo per il giorno dopo», racconta oggi Koné. Nessuna aspettativa per il futuro, il suo destino sembra segnato: pastore è nato, pastore resterà. Ma nel 1981 il padre, che Malamine aveva visto solo una volta in dieci anni, torna nel Mali e quando riparte porta con sé in Francia quei due figli abbandonati dieci anni prima. Destinazione: Saint Denis, il quartiere degli immigrati alle porte di Parigi.
L’incontro con la modernità è traumatizzante. «All’aeroporto di Roissy non riuscivo a reggermi in piedi sulle scale mobili», ricorda ora, divertito. Ma cambiare le proprie abitudini non è facile. «I primi giorni uscivo di casa, armato di fionda, per andare a cacciare». A tavola mangiava con le mani, mentre i fratelli e le sorelle nati in Francia usano le forchette. Passato qualche tempo i genitori lo iscrivono a scuola: in due anni impara a leggere e a scrivere. «Ero molto motivato: volevo a tutti i costi mettermi alla pari con i miei coetanei». Il ragazzo è sveglio e terribilmente ostinato. Vince la sua prima sfida: a dodici anni è ammesso in seconda media.
Un anno importante, quel 1983: si iscrive a un corso di boxe in una palestra a due passi da casa. Malamine capisce che cosa intende fare da grande. I ragazzi normali coltivano una sola ambizione, ma lui è speciale e di sogni ne ha due: vuole diventare prima un campione di pugilato e poi ispettore di polizia. Il ragazzo si dà da fare. A scuola ottiene la maturità e poi, a solo vent’anni, una licenza in diritto; sul ring si dimostra straordinariamente a suo agio, i suoi colpi sono rapidi e imprevedibili come quelli di un felino: per i suoi fan diventa «la Pantera». Due volte campione di Francia dei pesi medi, nel 1995 supera le selezioni preliminari per le Olimpiadi di Atlanta del 1996. È a un passo dalla consacrazione. Ma Malamine è vittima di un terribile incidente nel Sud della Francia: un auto lo travolge mentre cammina lungo la strada. Il responso dei medici è raggelante: gamba maciullata, carriera finita. Passano i giorni e la ferita peggiora: occorre amputare. Il giovane Koné si oppone. Sei anni e dodici operazioni dopo dimostra di avere ragione lui: seppur claudicante riprenderà a correre.
Ma in quel 1995 il mondo gli è improvvisamente avverso: addio pugilato e addio anche alla carriera di poliziotto: con una gamba a pezzi non può certo partecipare ai concorsi. Malamine non si lascia abbattere. È curioso, ama osservare la gente, conosce i gusti dei giovani di Saint Denis e si accorge che i motivi delle magliette delle grandi marche sono prevedibili, ripetitivi. Basterebbe un po’ di fantasia... E allora per vincere la noia ne disegna uno: i colori sono vivaci e sul fianco spicca una grande pantera nera. Il suo simbolo. Quasi per gioco, investe poche centinaia di franchi francesi e se ne fa confezionare qualche decina. L’idea è buona, ma ora ha un problema: come venderle? Seppur zoppicante, Malamine inizia a battere tutti i negozi sportivi della città e ogni volta incassa un rifiuto. Molti avrebbero rinunciato, lui no. prova e riprova un giorno entra in un negozio di Saint Ouen, gestito da un commerciante bianco dai modi distaccati. «Questo senz’altro mi dice di no», pensa tra sé e sé Koné, ma si sbaglia. Quel commerciante apparentemente altezzoso accetta di mettere in vendita dieci magliette, a una condizione: o ne vende qualcuna entro tre giorni o quelle magliette spariscono dagli scaffali. Alla sera Malamine riceve una telefonata: le magliette sono esaurite. Riceve il suo primo ordine: altre cinquanta e al più presto.
Siamo nel 1999, Malamine diventa imprenditore: fonda «Airness», ma ben presto capisce che per sfondare non può limitarsi ai negozi della periferia parigina. Per ampliarsi bisogna puntare su marketing, pubblicità, testimonial. Già, ma come? Fondi per gli investimenti non ce ne sono: i soldi in banca bastano appena per il sostentamento quotidiano. Leggendo un giornale, Koné scopre che un suo ex compagno di classe, Steve Marlet, calciatore di buon livello, non ha ancora venduto i diritti per la propria immagine. Basta una telefonata e l’affare si fa: Marlet vestirà «Airness». Un bel colpo, ma non ancora sufficiente. Leggendo i contratti delle star del football, l’ex pugile zoppo si accorge che i contratti in esclusiva riguardano solo gli eventi sportivi; fuori dallo stadio, nella vita di tutti i giorni, i giocatori non sono vincolati a una marca. E ha un’idea, semplice e vincente. A chi non piace ricevere dei vestiti in regalo? Malamine contatta le star del calcio offrendo in regalo le proprie magliette. Alcune, soprattutto quelle di origine africana, accettano; quelle t-shirt sono davvero originali e loro sono ben lieti di farsi fotografare assieme a quell’imprenditore, così cortese e sfortunato nello sport. Il gioco è fatto: le immagini, diffuse via Internet e nei fan club, affascinano i tifosi che si precipitano nei negozi.
Le vendite aumentano e Koné lavora ancora d’astuzia. Di calcio se ne intende, inizia a cercare giovani talenti in erba. Ne individua due: Djibril Cissé e Didier Drogba, che firmano per lui quando sono ancora sconosciuti. Ora sono le star rispettivamente del Liverpool e del Chelsea. È la consacrazione.
Oggi l’ex pastorello analfabeta sponsorizza la squadra del Rennes; è ricco e famoso, ma non ha dimenticato il Mali dove finanzia la costruzione di diverse scuole. Potrebbe fermarsi, ma non ne ha alcuna intenzione: «Voglio che Airness esista ancora tra quarant’anni». Determinato e fiducioso, come sempre.
marcello.

foa@ilgiornale.it

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