Pastorino e la politica che non era una casta

Pastorino e la politica che non era una casta

(...) che - sulle cose vere - e il ricordo di un galantuomo che ha dato moltissimo a Genova, è una cosa vera. In questi giorni stiamo dando moltissimo spazio a Pastorino (e domani pubblicheremo integralmente lo struggente ricordo umano e politico di suo figlio Paolo) per una serie di motivi. Il primo è che non lo fa praticamente nessun altro, ed è una vergogna, soprattutto in una città in cui Carlo Giuliani passa per un martire. E occorrerebbe chiedersi perchè un galantuomo democristiano - non della Dc consociativa e di sinistra - non abbia diritto al ricordo. Il secondo è che Pastorino è la metafora di un’altra politica. Lui che, da senatore, aveva una dichiarazione dei redditi più alta di quella di Umberto Agnelli; lui che negli anni delle Br, che lo avevano schedato negli archivi di via Fracchia, pagò di tasca propria le auto blindate che pure gli sarebbero state passate dalla Stato come sottosegretario e ministro; lui che non fu più al governo per non aver accettato di compromettersi con il finanziamento illecito ai partiti. Moralista vero in tempi di moralisti senza titoli.
Immagine di un’altra politica come lo fu il missino Enrico Endrich, che nel 1955 si dimise immediatamente da parlamentare dopo l’approvazione dei vitalizi e reiterò le sue dimissioni a Montecitorio finchè non vennero accolte per protestare contro quelle scandalose pensioni.

Poi, fu rieletto in Senato dal 1972 al 1976, ma nè lui, nè sua moglie chiesero mai una lira o un euro del vitalizio o dell’assegno di reversibilità. Alla faccia di tutti coloro, in Liguria e in Italia, che spiegano, serissimi ,che «il vitalizio è colpa di una legge sbagliata e non ci si può assolutamente rinunciare».

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