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Al patronato Cgil rubati 20 milioni agli emigrati

MECCANISMO Spariti i contributi versati alla previdenza complementare elvetica

Al patronato Cgil rubati 20 milioni agli emigrati

RomaUna consulenza che si è trasformata in un furto clamoroso. I risparmi di una vita divorati dal patronato. Questa storia potrebbe diventare la più grande truffa sindacale ai danni dei pensionati. Prima erano state poche denunce, poi sono diventate decine e si è costituito un comitato in difesa delle vittime: almeno cento famiglie sarebbero state private dei loro contributi previdenziali dal patronato Inca-Cgil di Zurigo.
La cifra dei risparmi spariti, secondo le prime stime, è impressionante: 30 milioni di franchi svizzeri, quasi 20 milioni di euro. A Zurigo sono scattate le manette per l’uomo ritenuto responsabile di questa colossale frode ai danni degli emigrati italiani, il numero uno dell’Inca zurighese. La vicenda è oggetto di esame anche al ministero del Welfare, dopo un’interrogazione depositata alla Camera dal deputato dell’Italia dei Valori Antonio Razzi. Il dipietrista eletto in Svizzera ha anche deciso di scrivere direttamente a Guglielmo Epifani. Perché l’Inca è emanazione della Cgil, fa parte del «Sistema servizi» del sindacato di corso d’Italia: la sede centrale di Roma del patronato ha l’obbligo di controllare i rendiconti dei suoi uffici periferici, e il sindacato è il supervisore, morale prima ancora che effettivo, dell’azione degli Inca nel mondo.
Tutti i pensionati italiani emigrati che stanno partecipando a questa causa collettiva sarebbero stati derubati dei loro contributi versati a istituti di previdenza complementare in Svizzera. Secondo quanto ha accertato fino a questo momento la procura di Zurigo, e come riporta l’interrogazione di Razzi, i pensionati si rivolgevano «alla sede Inca, gestita dal signor Antonio Giacchetta, conferendo l’incarico di contattare il fondo o ente pensionistico svizzero per verificare l’ammontare dei contributi versati nel corso degli anni e calcolare la somma cui si aveva diritto». Il patronato, nella figura di Giacchetta, faceva sottoscrivere «un’autorizzazione all’incasso» da parte dell’Inca degli importi che i fondi pensione dovevano erogare ai lavoratori italiani. Ma l’Inca di Zurigo avrebbe trattenuto questi soldi all’insaputa dei pensionati. Per motivi ancora non chiari, con i mesi quel fondo si sarebbe poi sostanzialmente svuotato: il tesoretto degli emigrati italiani si è volatilizzato.
Il comitato delle vittime del patronato Cgil si è costituito da appena una settimana, ma gli iscritti sono già 35. Ai primi incontri sono state raccontate storie drammatiche, come quella di un padre che ha dovuto interrompere il pagamento della retta universitaria della figlia quando lei si trovava a pochi esami dalla laurea perché non poteva più contare sul denaro che aveva previsto in arrivo dai fondi previdenziali.
In un filmato trasmesso dal sito Laltraitalia, il pensionato italiano Roberto Tomassini riferisce della sparizione di 245mila franchi svizzeri, circa 160mila euro, dei suoi contributi.
Il 3 agosto Giacchetta è stato arrestato per truffa su ordine della magistratura svizzera e ora l’Inca scarica ogni colpa su di lui. «Ma a differenza dei miei colleghi del Pd (eletti in Svizzera ndr) - racconta Razzi al Giornale - io sostengo che vi sia una responsabilità diretta del patronato». Come minimo per omesso controllo, dal momento che la segreteria centrale deve verificare i consuntivi delle sedi decentrate. Ecco perché il deputato dell'Idv ha cercato di contattare Epifani: «Gli ho scritto una lettera e poi ho telefonato per parlargli, ma alla Cgil mi hanno detto che rientra solo a fine mese...».
Al di là della responsabilità penale di Giacchetta, si ipotizzerebbe quindi la «responsabilità amministrativa» dell’Inca-Cgil nazionale: «Questa gente è stata defraudata - attacca Razzi -. So cosa hanno passato i nostri connazionali in Svizzera per mettere da parte quei soldi, perché sono ex operaio, in Svizzera dal ’75. In Italia gli immigrati sono trattati rose e fiori, mentre noi, se appena ci comportavamo male, venivamo rispediti alla frontiera di Chiasso e non potevamo più mettere piede sul territorio elvetico per dieci anni».
L’Inca-Cgil svizzero ha pubblicato sul settimanale online Rinascita.ch una lettera rivolta a tutti i cittadini italiani a Zurigo per chiarire che l’istituto «manifesta la propria condanna e il proprio sdegno per azioni illegali che danneggiano numerosi pensionati. Abbiamo denunciato Giacchetta non appena abbiamo scoperto le prime irregolarità». Ma secondo le prime verifiche dei magistrati zurighesi, il funzionario avrebbe raggirato gli emigrati italiani a partire addirittura dal 2005. La rimozione dall’incarico sarebbe avvenute quindi solo dopo quattro anni di attività illecita.

C’è poi il mistero del conto corrente: l’Inca nega di avere un conto proprio, ma un deposito bancario risulterebbe invece aperto a nome Inca, probabilmente da Giacchetta che si sarebbe avvalso della sigla del patronato.

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