«Patto blindato, ma gli sgomberi si fanno»

L’assessore alle Politiche sociali: «Il piano d’integrazione va avanti, ora però i nomadi sono aumentati. Il governo intervenga subito»

«Patto blindato, ma gli sgomberi si fanno»

Un’inedita Mariolina Moioli in versione «lady di ferro» scopre le carte e illustra il lato più repressivo del Patto di socialità e legalità, lo strumento studiato per l’integrazione dei rom che tanto aveva fatto discutere nei mesi scorsi, portando la maggioranza a un passo dalla rottura. Proprio non ci sta l’assessore alle Politiche sociali ad essere apostrofata come «inconcludente», addirittura dalle associazioni che operano al fianco dei nomadi. È accaduto ieri nel corso del seminario organizzato dalla fondazione Ismu e dedicato appunto ai «rapporti possibili» tra popolazioni rom e sinti con la società che li ospita.
Il presidente dell’Opera Nomadi di Mantova, Carlo Berini, accusa: «L’accordo messo nero su bianco dal Comune di Milano è già vecchio, inutile e persino dannoso. Piuttosto che continuare a segregare i rom all’interno di campi-lager, le istituzioni aiutino i cosiddetti nomadi ad acquistare case vere e non li costringano a vivere in baracche». Giudizio severo quanto sommario che scatena la replica di chi, assieme al vicesindaco De Corato, ha coniato la formula delle intese tra capifamiglia rom e autorità pubbliche. «Io non parlo a vanvera, mi piace affrontare i fatti. E questi dicono che la presenza dei rom in città va diminuita invece che aumentata. Da gennaio - data d’ingresso della Romania nell’Ue, ndr - ce ne ritroviamo mille in più. Un fatto inaccettabile. Se il governo non si impegna seriamente a regolare i flussi migratori, altro che accoglienza incondizionata... A fronte di un aumento nel numero di rom si registra una crescita della criminalità in tutti i quartieri». Equazione sino a ieri rintracciabile solo in qualche virgolettato leghista, ma che ora entra a pieno titolo nel repertorio politically correct. «Non dimentichiamo che a Milano, a parte i rom, abbiamo qualcosa come 60mila clandestini - incalza l’assessore -. Quando 5mila famiglie rimangono da noi senza la certezza di un lavoro non dobbiamo stupirci se non mandano i propri figli a scuola, e anzi, li istruiscono allo scippo».
Poi c’è la questione, altrettanto spinosa, degli sgomberi. Il giorno dopo il blitz in via Pompeo Leoni restano le polemiche e le masserizie degli sfollati - 200 in totale - sull’erba del parco Ravizza. Tra questi circa 60 rom che hanno rifiutato l’assistenza sociale per via della (provvisoria) separazione tra uomini, donne e minori. E che ieri hanno scelto di occupare l’oasi verde di bocconiani e madri coi bimbi al seguito. Una mediatrice culturale attacca la Moioli pure sulla gestione dell’emergenza. «Il piano c’è e va rispettato - è la replica dell’interessata -, ogni azione è elaborata in concerto con i servizi sociali. Ognuno però è libero di decidere se essere aiutato a meno. Ma di sgomberi ne arriveranno altri, molto presto», avverte l’assessore.
Intanto il Viminale sta lavorando a una modifica legislativa per l’ulteriore tutela delle minoranze etnico-linguistiche su suolo italiano, poiché dall’attuale legge sono escluse le popolazioni rom dichiarate «senza territorio».

«Il ministero dell’Interno sta preparando un ddl per colmare questo vuoto - fa sapere il capo Gabinetto del prefetto Lombardi, Renato Saccone -. Ciò rende molto complicato qualsiasi intervento nei confronti dell’etnia rom e sinti».

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