Il risotto al piccione e tartufo, dicono, era buonissimo. Un po' meno successo ha avuto la zuppa di legumi e cereali. Ma in compenso il timballo di bietole e fave con crema leggera di patate e piselli ha conquistato tutti. Poi (se tre primi con il piccione, il tartufo e il timballo, vi sembrano poco), è arrivato quello che le cronache definiscono il «piatto forte»: filetto di chianina e olive nere. Quindi tartine di pere e mele, gelato all'uvetta, bianco «Greghetto», rosso «San Giorgio», moscato e whisky a volontà. Non è quella che i dietologi definiscono propriamente una cena leggera, ma che importa? Quando c'è da decidere del destino dell'Italia, non c'è dieta che tenga. Sono sempre pronti a mangiarsi tutto.
Due giorni di bisboccia in Umbria, villa di gran lusso con annesso ristorante dal significativo nome di Pantagruel; camere singole da duecento euro a notte prenotate anche per i portaborse; scorte e auto blu mobilitate anche di domenica. E alla fine il conclave voluto da Prodi che cosa ha deciso? Che bisogna ridurre le spese del governo. O santa zuppa di legumi e cereali: ma non si poteva cominciare a ridurre le spese rinunciando a questa bella scampagnata? Il primo taglio al bilancio ministeriale non poteva riguardare il timballo? Perché parliamoci chiaro: il ministro dell'Economia ha un bel dire che bisogna tirare la cinghia. Provateci un po' voi alla terza portata del risotto col tartufo.
Si capisce: fra rosso San Giorgio e moscato, alla fine, probabilmente le menti governative erano un po' offuscate. E così di tante decisioni che pure avrebbero voluto prendere per giustificare cotanta mobilitazione, non gliene è andata in porto una. Manovra bis? «Non se n'è parlato». Nomine Rai? «Non ce ne siamo occupati». L'amnistia? «Dipende dal Parlamento». L'Irak? «Convocheremo un Consiglio dei ministri apposito». Meraviglioso: e allora che ci sono andati a fare lì? Un'esperienza enogastronomica?
Fateci caso: in Umbria i ministri del governo Prodi hanno rischiato di perdere la linea fisica. Ma non hanno rischiato di trovare la linea politica. E allora, per dire che bisogna parlare di meno con i giornalisti e che il codice degli appalti è rinviato di sei mesi, non bastava una riunione a Palazzo Chigi? Ma sì, dai: forse una riunione a Palazzo Chigi è persino troppo. Bastava una circolare, magari anche solo una telefonata. Certo, la telefonata è un po' meno saporita del tartufo. Però costa anche meno.
Alla fine sono tornati a casa tutti molto contenti. E ci mancherebbe. Si sono divertiti un sacco con i loro vestitini casual: Prodi ha sfoggiato il maglioncino bianco, Livia Turco la giacca fucsia, D'Alema la camicia celeste botton down e la Melandri in jeans fa sempre la sua figura. Amato e Padoa Schioppa hanno provato a tenere la grisaglia, ma li hanno presi in giro: si sa, il gelato all'uvetta favorisce un certo clima cameratesco. E il whisky pure. I corsivisti dei giornali si sono sbizzarriti, Mastella ha fatto trovare un regalino a tutti (l'amnistia? No, le cravatte settepieghe), gli unici problemi realmente affrontati sono stati quelli della digestione. E alla fine siccome si è pensato che 99 poltrone forse sono poche, si è pensato a come aumentare la compagnia per la prossima gita fuori porta. Trovato: sarà creato un nuovo viceministro per il Mezzogiorno.
Oddio, ripetiamo la domanda: c'era bisogno di spendere soldi alla residenza d'epoca «La posta dei Donini» per immaginare un viceministro in più? Non si è ampiamente dimostrato che l'operazione riesce benissimo anche a Roma? Niente da fare: Prodi ha già annunciato che lui di incontri del genere ne vuole fare almeno due all'anno.
Il patto del piccione
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