Millennium. Una parola che, giusto un lustro fa, evocava cataclismi informatici, un buco nero destinato a inghiottire le memorie di tutti i computer del pianeta. La paralisi annunciata non accadde, ma quello fu lindizio di unansia ancestrale, linquietudine dellanno a tre zeri. A mano a mano che il San Silvestro del 1999 si avvicinava, manager e politici, banchieri e uomini dei chips, razionalisti fino ad allora incalliti, realisti indomiti, pragmatici fino al cinismo e oltre, provarono gli oscuri brividi che, mille anni prima, principi e chierici, contadini e pellegrini del medioevo si erano sentiti scorrere nelle ossa, fantasticando sul baratro che si spalancava oltre il primo millennium, il fatidico anno mille.
«Mille e non più mille», era lallarmata cattiva novella di quel guado temporale, sorvegliato da arcangeli con spade giustiziere di fuoco, e da creature del buio assatanate dalla prospettiva di arraffare anime a milioni. Sorse un sentimento - il millenarismo - che come pochi siglò il medioevo, imponendosi anche come spartiacque tra un prima, dominato dagli ultimi bagliori della classicità al tramonto, e un dopo, pieno di slancio, che fece germogliare i semi di unEuropa nuova, base e stampo dellattuale. Tornare al tremendo millennium, per capire più di una faccia del nostro tempo: è lavvincente progetto di Georges Duby (1919-1996), accademico di Francia, storico tra i più originali e autore del volume in argomento, Lanno mille, ventesimo della serie dedicata al medioevo, in edicola da domani con il Giornale.
La datazione concisa, «anno mille», calza troppo stretta allevento. Dionigi lExiguus (il «piccolo», epiteto meritorio per le sue professioni di umiltà), erudito monaco e teologo scita del VI sec., misconosciuto inventore del Natale, avendo fissato la nascita di Cristo al 25 dicembre dellanno di Roma 753, dettò il criterio del calcolo millenaristico, seppure con lo scarto di qualche anno. Dettaglio quasi insignificante, a confronto dellincertezza che regnava a proposito di quale anno mille si trattasse. Passati indenni dal crinale dei mille anni dalla divina incarnazione, i medievali ricominciarono a stare con il fiato sospeso allavvicinarsi di unaltra scadenza, i dieci secoli dalla Passione del Redentore, la Santa Pasqua, che allora si contemplava come lautentica primavera del mondo, la data liturgica capitale, lunico vero rintocco delluomo nuovo.
Lallerta squillava in una pagina fosca dellApocalisse di Giovanni, cap. XX, mistica cronologia di un futuro irrimediabilmente già chiuso: «Poi vidi un angelo che scendeva dal cielo tenendo in mano la chiave dellabisso, con lenorme catena. Egli afferrò il dragone, lenorme serpente - che è il diavolo, Satana - e lincatenò per mille anni. Lo gettò nellabisso, chiuse sopra di lui i chiavistelli e pose i sigilli, perché cessasse di traviare le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere liberato per qualche tempo... Trascorsi i mille anni, Satana verrà sciolto e uscirà dalla sua prigione a sedurre le nazioni che sono ai quattro angoli della terra, Gog e Magog, per adunarle a battaglia, numerose come la sabbia del mare...».
Partendo da questa chiave, Duby comincia a macinare magistralmente i dati, secondo la sua metodologia puntigliosa e critica, che vaglia, incrociandole, fonti archeologiche e documentarie alla ricerca della «mentalità» di fondo, dello spirito dei tempi. Eccolo interrogare le cronache, gli scritti di Roberto il Glabro e di Ademaro di Chabannes, giustapposte agli epistolari, ai pii resoconti dei miracoli, ai carteggi ufficiali sulle sante reliquie. Ed eccolo scoprire che in questi antichi commentatori del millenarismo, ferrati negli studi del trivio e del quadrivio, scaltriti nellesegesi biblica, che fa di ogni parola scritturale il primo gradino per lascesa a Dio, oceano di verità, agisce il congegno mentale della «corrispondenza»: ogni evento, rettamente interpretato, è segno e figura, rimanda a un oltre più radicale e definitivo.
Se nel Deuteronomio leggiamo che Mosè comandava ai suoi di purificare i vasi di legno con lacqua, quelli di bronzo con il fuoco, non è forse per significare che gli uomini - vasi di carne - debbono vivificarsi con lacqua del battesimo e la fiamma del martirio? Il firmamento stesso è sublime simbolo del mondo e della storia umana: il rigore di stelle e pianeti orbitanti adombra il cosmo politico di un impero in pace, ma le traiettorie oblique ed erratiche delle comete possono intralciarne lordine. E spaventose meteore solcarono i cieli in prossimità del millennio. Carestie, epidemie, incubi, visioni, nascite mostruose, spettrali armamentari di ogni apocalisse, furono vissuti come il funebre scampanio di unumanità decrepita.
Qualcosa, con lanno mille, terminò davvero. Ma non fu luomo. A tramontare fu il vecchio modello politico e religioso di un mondo inchiodato ai gesti ieratici di un Carlo Magno e alle liturgie degli abati cluniacensi. Scampati ai due minacciosi mille, i pellegrini impugnarono di nuovo fiasca e bastone: destinazione Roma, Santiago e, finalmente, Gerusalemme. Segnarono la strada ad altri viaggiatori, che però avrebbero avuto in mano una spada e sul petto una croce.
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