GerusalemmeErano arrivati pensando a un viaggio in un Paese tranquillo, con un'economia forte e spiagge assolate piene di turisti. Invece, migliaia di italiani in Tunisia si sono trovati nel mezzo di scontri di piazza, violenze, saccheggi. L'aeroporto è stato chiuso ieri sera e ora è sotto il controllo dell'esercito. Il presidente Zine El Abidine Ben Ali è fuggito e a Tunisi regna il caos, in strada e a palazzo. Cresce la preoccupazione dei nostri connazionali, testimoni del dissenso di queste ore.
Valerio Spinosa ha 24 anni, è a Tunisi per studiare arabo e abita proprio nel centro della capitale, a pochi passi da Avenue Bourguiba, teatro di manifestazioni e proteste. «Sono in contatto continuo con mio padre e se l'ambasciata ci dovesse dire di lasciare il Paese, salirei immediatamente sul primo volo», ha detto al Giornale. Mentre parla al telefono arrivano in sottofondo le grida della folla arrabbiata. È in città da pochi giorni. Il suo volo è atterrato mezz'ora prima dello scattare del coprifuoco: «Tunisi era spettrale, non avevo mai visto la capitale così». Sotto il suo balcone sono passate diverse manifestazioni, disperse con i lacrimogeni dalla polizia in assetto antisommossa. «Ho visto la folla saccheggiare un negozio di elettrodomestici a due passi da qui: c'erano persone che uscivano con lavatrici sotto il braccio. Intanto, una banca era in fiamme a pochi metri di distanza. Ovunque c'erano i segni delle sassaiole e le rotaie del tram erano state divelte».
C'è molta tensione anche in altre parti del Paese. Stefano Mason è un cooperante dell'Ong italiana Cospe. Ha 37 anni ed è originario della provincia di Venezia. Da un anno e mezzo vive a Tabarka, una cittadina di 10mila abitanti nel Nord-Ovest del Paese, sulla costa. I suoi alberghi sul mare attiravano molti stranieri prima dello scoppio delle violenze. Due sere fa Stefano ha dormito in albergo perché una folla aveva preso d'assalto il supermercato sotto casa, dandolo alle fiamme. La catena di alimentari appartiene alla famiglia della moglie del presidente Zine El Abidine Ben Ali, Leila Trabelsi. «C'erano donne che portavano via olio e pannolini, bambini che prendevano giocattoli. Il mio appartamento è ora ricoperto dalla fuliggine provocata dall'incendio». Lo stesso giorno, racconta, un ospedale in costruzione, finanziato da un politico vicino al regime, è stato l'obiettivo della rabbia della folla, che si è accanita anche contro alcuni hotel. Stefano adesso si chiede dove potrà comprare cibo nei prossimi giorni. Per ora non esce di casa, come gli è stato consigliato dall'ambasciata, in continuo contatto con gli italiani residenti tramite sms.
«Non c'è nessun pericolo, al momento, per la comunità italiana in Tunisia con la quale l'ambasciata d'Italia è in costante contatto - ha spiegato il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi - Il governo italiano segue con attenzione gli avvenimenti in un Paese al quale è legato da rapporti storici di profonda amicizia», ha aggiunto, spiegando come ci sia anche un'«ansia personale» per il «destino di un popolo che mi è caro».
La situazione in altre zone del Paese è ancora più difficile: «Ho telefonato a Kebili, nel Sud, dove abbiamo un altro progetto - racconta ancora Stefano Mason - Laggiù la polizia ha sparato sulla folla e secondo le persone con cui ho parlato ci sarebbero stati otto morti, che però non sono stati registrati da nessun mass media finora».
Gli italiani che hanno preferito rientrare in patria hanno approfittato dei voli Alitalia che hanno operato a pieno ritmo fino alla chiusura dell’aeroporto. L’ultimo aereo è decollato da Tunisi ieri alle 18 ed è giunto a Malpensa alle 19.34. Per ragioni di sicurezza, infatti, Alitalia/Air One ha sospeso tutti i voli da e per la Tunisia fino a lunedì 17 gennaio compreso.
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