La paura nucleare ai nostri confini Ma Parigi rassicura: nessun pericolo

L’Italia che è uscita dall’atomo si ritrova a fare i conti con la paura del nucleare. A pochi chilometri dai nostri confini, dalla Francia alla Slovenia, è un susseguirsi di centrali che rappresentano sulla carta un pericolo per la nostra sicurezza. E all’ora di pranzo le autorità di Parigi informano la comunità internazionale che c’è stato un incidente nel sito di Marcoule, sul Rodano, a 257 chilometri da Torino. Il bilancio è di un morto e quattro feriti. Al momento nessuno è in grado di valutare le conseguenze nel medio periodo: Liguria e Piemonte vanno in fibrillazione, tutti hanno ancora in mente le immagini di quel che è accaduto nei mesi scorsi in Giappone. Paure profonde che si risvegliano come mostri dal letargo. Poi dalla Francia e da Roma cominciano ad arrivare notizie sempre più rassicuranti: non c’è stata dispersione di materiale radioattivo e le verifiche effettuate sul territorio nazionale da Protezione civile, Ispra, (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale), e vigili del fuoco danno risultati confortanti. I valori della radioattività in Italia sono nella norma.
Ora dopo ora il caso sembra ridimensionarsi e l’allarme rientra. Intanto gli esperti cercano di capire che cosa sia accaduto: c’è stata sicuramente un’esplosione e lo scoppio è avvenuto all’interno di un impianto in cui le scorie radioattive vengono trattate prima di essere stoccate. Subito dopo si è sviluppato un incendio che è stato domato rapidamente.
«Il sito - spiega all’Adnkronos Francesco Troiani, ricercatore del centro Enea di Saluggia - appartiene alla Sodei, partecipata da Edf e Areva. La sfortuna degli operatori rimasti coinvolti è che questo forno ha la bocca di caricamento a vista della sala di controllo. I tecnici guardano dall’alto verso il basso la bocca del forno, stando dietro a un vetro. L’esplosione si è quindi sviluppata verso l’alto cogliendo in pieno chi era al lavoro. Lo scoppio ha provocato la rottura del vetro di protezione, la morte di una persona e il ferimento di altre tre».
Forse, a innescare la tragedia è stata la caduta di materiale non metallico o liquido dentro la fornace di fusione dei rifiuti radioattivi. Fin qui quel che sarebbe accaduto. Nel giro di qualche ora anche i più sospettosi devono ammettere che la catastrofe è stata evitata e i problemi sono davvero circoscritti. «Non c’è nessun rischio di una possibile nube radioattiva sull’Italia - afferma il responsabile del Centro emergenze nucleari dell’Ispra Paolo Zeppa - noi non temiamo la presenza sul nostro sito di tracce di radioattività».
Non solo: l’edificio è rimasto integro e gli addetti ai lavori ricordano che «a Marcoule si lavorano rifiuti a bassa radioattività». Insomma, le circostanze giocano a favore della nostra tranquillità. In Francia non si ripeterà, per fortuna l’angosciante stillicidio delle notizie che arrivavano dal Giappone ferito dall’accoppiata terremoto-maremoto. A Fukushima si cercavano volontari con lo spirito di eroi che andassero a raffreddare l’acqua dei reattori danneggiati, in Francia gli stessi operai presenti all’interno della centrale non presentavano tracce di radioattività sul corpo. E poi, a Marcoule non ci sono reattori, tanto che i tecnici si affannano a spiegare che quel che è accaduto non può essere considerato «un incidente nucleare ma di tipo convenzionale».
L’emergenza viene archiviata, gli abitanti dei paesi più vicini restano nelle loro case e non scatta alcun piano di evacuazione. Resta il problema di fondo: l’Italia non una ma due volta ha detto no al nucleare, peccato che la sola Francia abbia 58 reattori atomici, alcuni dei quali davvero incombenti sulle nostre regioni. Dunque, a Parigi accettano i rischi di una scelta nucleare, ma in cambio hanno l’elettricità a prezzi inferiori del 40 per cento alla media europea.

Noi, invece abbiamo una bolletta energetica carissima e dobbiamo fidarci delle rassicurazioni che ci arrivano da Parigi. Dove il nucleare è intoccabile: nemmeno il dramma di Fukushima ha fatto cambiare idea ai francesi.

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