Paolo Giordano
da Milano
Laura Pausini, prima di lei solo Modugno si è giocato un premio Grammy partendo da casa nostra.
«Ecco, era il 1958. È da troppo tempo che non vince un italiano».
Intende dire?
«Che voglio andare a vincerlo. Di solito sono molto riservata ma stavolta ci provo fino in fondo».
Non sa ancora se ha già la statuetta al sicuro?
«I Grammy non sono come i Telegatti, lì cè molta incertezza. E poi mi sento patriottica, ho anche chiesto ad Armani di prepararmi per loccasione un abito tricolore».
Vista così, dacchito nella penombra di una saletta, Laura Pausini è una donna serena: ha appena archiviato un anno doro - quattrocentomila copie del ciddì Resta in ascolto, un dividì dal vivo, una vendemmia di premi e pure mezzo milione di persone ai suoi concerti - e sta per battezzarne un altro con gli stessi carati visto che lunedì farà i bagagli per lo Staples Center di Los Angeles dove si giocherà il Grammy, categoria miglior album di pop latino. Per chi non se intendesse, vale come un Oscar: se lo vinci, sei lassù. E se non lo vinci, comunque hai giocato con i migliori, che mercoledì sera in quel gigantesco hangar di paillettes saranno Bono degli U2, Springsteen, Aerosmith eccetera.
Scusi, ma Armani che cosa le ha risposto?
«Mi ha detto: di un vestito così non se ne parla nemmeno».
Daltronde allo Staples Center lei potrebbe anche cantare praticamente in mondovisione (diretta su E! Entertainment, canale 114 di Sky).
«Capitasse, sceglierei Come se non fosse mai stato amore nella versione spagnola, che è prima in classifica in tutto il Sudamerica».
Niente italiano?
«Macché, là litaliano nel pop non esiste. Al massimo ti consentono di inserire qualche parola, ma solo quelle che conoscono gli americani».
I soliti pizza e mandolino.
«Più o meno. Certo mi piacerebbe essere là ed esprimermi nella mia lingua».
Si consolerà alla serata finale del Festival di Sanremo: è invitata nella «categoria» dei sanremesi esportati nel mondo.
«Avrei dovuto duettare con Michael Bublè, ma in quei giorni lui è impegnato a Las Vegas. Allora mi piacerebbe cantare con Eros Ramazzotti, glielo chiedo da dodici anni. Per un po ho anche pensato che lui mi snobbasse e ci ero rimasta male. Ma ora condivido la sua idea: lo faremo solo per la canzone giusta, non solo tanto per farlo. Ma per il Festival cè unaltra possibilità, anche se è molto difficile».
Quale?
«Che io canti il brano She, di cui sono già stati trasmessi quaranta secondi negli spot che ho recitato per Barilla».
Di Charles Aznavour.
«Lo cantavo anche quandero ragazzina, le ascoltavo sempre, le sue canzoni e quelle di Edith Piaf. Mio padre mi riprendeva perché secondo lui la mia voce era troppo vibrata. Ma ora sono cresciuta. Di questo pezzo ho modificato il testo, naturalmente. Aznavour si rivolge naturalmente alla sua donna, ma per me quella lei sono tutte le donne e infatti il brano, che forse si intitolerà Come lei, sarà scaricabile in download in tutto il mondo proprio dall8 marzo».
Cè nellaria un album di cover?
«A dire il vero, le sto scegliendo proprio ora, potrebbe uscire entro fine anno. Mi piacerebbe registrarne una quarantina in uno studio di registrazione italiano e poi fare la scelta definitiva, che non è per nulla semplice.
Riscoprire il passato sembra di moda.
«Oggi mi sento così: prima mi avrebbe messo in angoscia. Ora mi sono convinta, è un periodo che mi guardo indietro con sempre meno paura».
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