Roma - La Chiesa chiede «maggiore equità» nella manovra? Benissimo, ma allora si prepari a fare qualche sacrificio anch’essa: venti deputati Pd, ieri, hanno aperto il caso Ici, che rischia di diventare una patata bollente per il loro partito.
Partito già messo sotto stress dai malesseri interni sul sostegno alla manovra, e dal divorzio con Di Pietro, che sta imboccando la strada dell’opposizione frontale e accusa di «inciucio» gli ex alleati. Accusa che Bersani non manda giù: «È inaccettabile: se è così, ognuno va per la sua strada». Mentre chi nel Pd non ha mai gradito l’ex pm come compagno di strada celebra la rottura: «La foto di Vasto? Quell’alleanza non è mai esistita - dice Francesco Boccia - se Di Pietro gioca allo sfascio e antepone i sondaggi alla salvezza del paese, non possiamo che prenderne atto».
In questo clima, Bersani si sarebbe volentieri risparmiato la mozione sull’Ici presentata ieri da Paola Concia e Stefano Esposito, e firmata da molti deputati, che chiede al governo Monti di «attivare le procedure per determinare il gettito che deriverebbe dalla tassazione del patrimonio immobiliare della Chiesa Cattolica». Patrimonio ingentissimo e in genere di gran pregio: secondo le stime dei Radicali, che da anni denunciano la questione e la hanno portata fin davanti alle istituzioni Ue, si tratta di 30mila immobili ecclesiastici esentati dall’Ici anche quando vi si svolgano redditizie attività commerciali purché «connesse a finalità di religione o di culto». Condizione facile da aggirare: «Basta aprire una piccola cappella in quello che in realtà funziona come albergo e il gioco è fatto», spiega Paola Concia. Se tassati, secondo i calcoli radicali, porterebbero nelle casse dello Stato un gettito di circa 2 miliardi e mezzo. «Non vogliamo riaprire sterili polemiche tra laici e cattolici, né abbiamo alcun intento punitivo verso la Chiesa - dice Concia - ma ci sembra giusto chiedere un contributo di solidarietà a chi ha di più». Nella mozione si invita il governo a chiedere il pagamento di una quota «pari al 30% del totale del gettito stimato», un «contributo di solidarietà», appunto.
I vertici Pd per ora tacciono sulla questione, ben sapendo che l’ala cattolica non gradirebbe. L’ex ministro Fioroni già insorge: «Chi fa questi discorsi vuole mettere in difficoltà la Chiesa nel fare opere di carità e sostegno agli ultimi», denuncia. E Bersani non vuole aprire un nuovo fronte interno, visto che già è dura tenere calma la sinistra. «Siamo inondati da mail di protesta», lamenta Cesare Damiano, «per come questa manovra si accanisce contro i ceti deboli». Il voto di fiducia serve in realtà più ai partiti che al governo: «Se Monti non la mettesse, il Pd non terrebbe e finiremmo per spaccarci su ogni emendamento», spiega un dirigente. Persino sull’abolizione delle province una parte del Pd è contrarissima: la proposta del governo è «analfabetismo costituzionale», è insorto ieri, durante la discussione in commissione, Gianclaudio Bressa, lasciando di stucco i parlamentari Pdl presenti: «Neppure noi avremmo potuto essere così duri col governo Monti», racconta uno di loro.
Ma il fronte pro-Ici è destinato ad ampliarsi. Nell’assemblea dei parlamentari Pd Roberto Giachetti ha fatto notare come sia «complicato spiegare alla gente perché vengono colpite le pensioni ma non le spese militari o il finanziamento pubblico dei partiti o l’8 per mille delle tasse che finisce nelle casse del Vaticano».
Ma anche la deputata Pdl Gabriella Giammanco ha chiesto al ministro Fornero di introdurre l’Ici sugli immobili vaticani «per destinare le entrate alla copertura dell’indicizzazione delle pensioni più» basse». E persino Pier Ferdinando Casini ammette che «è giusto che la Chiesa paghi l’Ici sui locali adibiti alle attività commerciali».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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