Il Pd brucia 9mila voti al giorno ma continua a ballare sul Titanic

Coliamo a picco sì, ma ci piace farlo in allegria. Mentre il Titanic affonda, lentamente ma affonda, i violini del Pd suonano giulivi la terza sinfonia: l’«eroica». Perché se stappi lo spumante dopo aver perso 7 punti secchi in un anno, questo sei: un eroe. E così all’una di notte, a urne ancora calde, Gentiloni già ballava la macarena: «È un risultato straordinario». Un’ora dopo Luigi Berlinguer lanciava i coriandoli: «Berlusconi è minoranza nel Paese». Pochi minuti e Franco Marini monta sul trenino di capodanno: «Il Pd tiene larghissimamente».
Forse bisognerebbe ricordare che alle elezioni vince chi prende più voti. No, non è come a scala quaranta: non è che chi rimane in fondo è più bravo. È esattamente il contrario. Diciamo che al partito l’hanno presa con filosofia: talmente tanta filosofia che a Franceschini stanno spuntando i baffoni di Nietzsche e le basette di Schopenhauer. Ma se oltre alla filosofia ci occupassimo anche di matematica spicciola, il calcolo è rapido. Politiche 2008: il partito democratico prese il 33,2. Europee 2009: il Pd prende il 26,13. Che allegria. Dai, che se ci mettiamo d’impegno entro Natale scendiamo sotto il 20%: magari per pasquetta dell’anno prossimo possiamo diventare il principale interlocutore del Südtiroler Volkspartei. «Il Pd resiste», dice Beppe Fioroni scendendo dai monti viterbesi: figuratevi se cedeva. Sì, d’accordo, difficile fare paragoni, c’è stato il boom astensionista, ma ragioniamo in termini di teste: dalle ultime elezioni sono riusciti a perdere 4 milioni di voti. Cioè, bruciano voti al ritmo di 9 mila al giorno, bruciano più voti loro che calorie Schwarzenegger in palestra, e qual è la reazione? «Il tracollo non c’è stato», dice tronfio Latorre. «La linea del Piave ha retto». Certo. La linea del Piave in realtà è la linea del Dario, che ha fissato furbescamente l’obiettivo minimo, l’asticella rasoterra al 25%, e loro l’hanno saltata appena. Tante grazie. È come se un maratoneta si fermasse al decimo chilometro, e pretendesse pure la coppa. È come se Sergey Bubka si mettesse a saltare con l’asta l’aiuola di casa, e volesse pure la medaglia: troppo facile. Magari alle prossime elezioni promettono di raggiungere il 15% dei voti, ma solo a Roma quartiere San Lorenzo, ma solo nei condomini col numero dispari. L’ultima trovata: elezioni fai da te. Ognuno si fa le regole come gli pare: Parisi inventa nuovi teoremi politologici, e dice che «se Berlusconi non prende almeno 4 milioni e mezzo di preferenze, perde la sua scommessa». Ma dove sta scritto? Debora Serracchiani, candidata Pd nel Nord Est, è addirittura in estasi: «Una giornata memorabile: in Friuli Venezia Giulia ho battuto Berlusconi». Meglio di niente: poi vai a vedere i risultati in Friuli e scopri che il Pdl ha chiuso avanti di 6 punti. E allora dov’è la festa? «È una straordinaria rimonta», esulta il piddìno Genovese. Certo, come dice Vincenzo Marinello, «a Sciacca c’è stato un risultato incredibile». Certo, come battono le agenzie, «nell’Ennese il Pd è il primo partito», con punte anche del 35% nei comuni di Centuripe e Calascibetta. Ma basta questo?
Poi è chiaro che anche a destra devono fare i conti con le aspettative mancate, ognuno ha i suoi problemi a cui pensare, per carità: ma zompare fino al soffitto perché «siamo il primo partito progressista d’Europa» ci pare un filo esagerato. Anche perché il primo partito progressista d’Europa non ha ancora deciso in quale gruppo iscriversi, dunque onde evitare figuracce, meglio sorvolare. E poi, insomma: se alle ultime politiche, col 33,2%, Veltroni piangeva amaro, non si capisce cos’abbia da ridere Franceschini con 7 punti in meno. Come cantava Renato Zero, «felici e perdenti». Passi che l’ottimismo è il profumo della vita, ultimamente ama ripeterlo anche Berlusconi, ma non è che al Pd l’hanno preso troppo in parola? «Siamo calati, ma gli italiani confermano il nostro progetto»: visto il risultato, è probabile che tra questi italiani ci sia anche il premier. Perché di questo passo, e soprattutto con questo atteggiamento, «arriveremo al congresso in maniera serena e pacata», come dice Tonini.

Insomma, il messaggio agli iscritti è chiaro: non disperate, c’è ancora tempo per peggiorare. Si può sempre perdere Centuripe e Calascibetta. E quel giorno, forse, potremo ammettere che su questa benedetta «linea del Piave» ci siamo appoggiati un po’ troppo: e alla fine s’è piegata.

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