Il Pd, brutta copia di Forza Italia

La convocazione contestuale dei due congressi del Ds e della Margherita per fondare il Partito democratico sembra un provvedimento di emergenza. Esso nasce dal fatto che il governo Prodi non gode il consenso degli elettori e che le cose non vanno meglio per i due partiti. Lo spariglio tentato è quello di produrre un partito senza ideologie, fondato sulle realtà presenti, mettendo da lato le memorie storiche. In sostanza, si tratta di riprodurre artificialmente a sinistra ciò che è accaduto spontaneamente a destra attorno alla persona di Silvio Berlusconi.
Quello che Forza Italia e la Casa delle libertà espressero era un sentimento nazionale, democratico e popolare che voleva il superamento della partitocrazia ideologica per riappropriarsi del rapporto diretto tra elettori e governo. Il fatto che il fenomeno Berlusconi si sia riprodotto dopo cinque anni di governo in tempi difficili e che rimanga intatto ora, dopo che il centrosinistra ha in mano tutti i poteri del Paese, mostra che vi è un nucleo popolare che è deciso a rifiutare la partitocrazia e a scegliere chi impersona la volontà di rappresentare i sentimenti e i problemi popolari.
Gli elettori che hanno votato il centrosinistra sostenevano che Berlusconi fosse un pericolo per la democrazia, ma ora si rivedono disillusi dalla rigorosa partitocrazia dell’Unione. La domanda antipartitocratica cresce anche a sinistra: e, non a caso, essa era nata a sinistra con Segni ed Occhetto nel referendum sul sistema maggioritario. Per rispondere a questa domanda, i partiti dell’Ulivo impegnano la loro autorità per annullare sé stessi e fondersi in un solo partito, negando più particolarmente quel legame alla storia del Pci. Si tratta di produrre artificialmente quel legame tra popolo e leader che si è creato nel centrodestra e che è la componente maggioritaria del sentimento popolare di oggi. Berlusconi incarna la legittimità della politica italiana intesa come ristabilimento del rapporto diretto tra elettori e governanti. Per questo accade che a sinistra si voglia riprodurre una sorta di maggioranza plebiscitaria attorno a un tema così generale come quello della democrazia nella mimesi nel nostro Paese del Partito democratico americano. La disciplina partitica dei Ds e della Margherita è impegnata per ottenere l’abolizione dell’identità ideologica e realizzare un partito senza ideologia, unicamente legato al volto delle persone: è un paradosso. Quello che Berlusconi ottiene con un volto, i neodemocratici vogliono riprodurlo con molti volti. È una abdicazione di principio di fronte all’avversario politico; perché sostituire i volti all’ideologia è accettare l’innovazione che Berlusconi ha portato nel sistema politico. Ciò significa che i partiti del centrosinistra sanno che il governo Prodi non è sufficiente a incrementare i consensi e debbono ricorrere a uno strumento di urgenza, come la delegittimazione delle ideologie. E debbono creare un gioco di volti, offrendo nelle primarie molti candidati, alla leadership del partito democratico. Ciò significa non solo alternativa a Berlusconi, ma, anche e soprattutto, l’alternativa a Prodi.
Il provvedimento d’urgenza che censura le memorie democristiane e comuniste nasce dalla convinzione che attorno al volto di Prodi non si forma un consenso e che il governo nuoce alle due grandi forze che lo hanno costituito. Ma così il volto di Prodi è un imbarazzo, perché, da una risorsa, diviene per i molti volti dei candidati del centrosinistra una debolezza. Prodi appartiene alla storia che i partiti di centrosinistra vogliono rimuovere. Questo significa che la legislatura ha già aperto la sua crisi e che i tempi del Partito democratico segneranno la data delle elezioni. Il centrodestra, avendo con il salto di Berlusconi sostituito il volto ai partiti, ha una sua radice nella legittimità della democrazia come il sentimento popolare lo avverte: a destra, ma ora anche a sinistra.


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