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Il Pd cerca di volare alto ma precipita in Puglia Tarantini: pagai le feste

E bravo Walter Veltroni, che raccoglie il residuo coraggio a due mani e sentenzia: «Ammettiamo la sconfitta». Bravissimo perché, sollecitato da Repubblica, non lesina l’autocritica: «Fine delle province, nuova legge elettorale, riduzione dei deputati e dei costi della politica: ripartiamo da qui». Critiche ma senza accuse, bastone ma anche carota: «I processi non li faccio perché li ho già subiti a suo tempo, questa tendenza alla Conte Ugolino di distruggere la leadership dopo ogni voto è un vizio nefasto». Onore al merito dell’ex segretario che, come recita la retorica post-comunista, inaugura l’ennesima stagione del cambiamento proprio nel giorno in cui si viene a sapere che l’imprenditore Giampaolo Tarantini avrebbe versato al neo consigliere regionale pugliese Michele Mazzarano una mazzetta da almeno 10mila euro per finanziare una manifestazione del Pd.
Si vola alto nel Partito democratico che si lecca le ferite della sconfitta. Da Pierluigi Bersani all’ultimo dei non eletti in Basilicata, è un’unica gara virtuosa a esprimere giudizi ponderati, proporre autorevoli analisi, formulare ricette dalla sicura efficacia per il futuro. Il segretario nazionale scrive ai circoli invitandoli a evitare «i dibattiti autoreferenziali» perché comunque «il partito è in piedi e dobbiamo accelerare». Filippo Penati, sconfitto in Lombardia da Roberto Formigoni, demolisce costruttivamente il mito delle primarie: «Sono un errore, per la scelta del prossimo candidato a sindaco di Milano dobbiamo allargare la coalizione per non rinchiuderci nel nostro recinto». Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, si fa volonterosamente avanti: «Se mi vogliono sono pronto a impegnarmi nel partito», per il quale ipotizza addirittura una forma da «Lega di sinistra».
Certo, c’è anche qualche voce dissonante. Nicola Zingaretti, leader del Lazio, polemizza con il giovane sindaco di Firenze: «Renzi non può capirmi». Emma Bonino, ferita e ancora sanguinante per la batosta, se la prende con i «settori del Pd che mi hanno lasciato sola». Silvio Sircana, l’ex portavoce di Romano Prodi, auspica che «il leader non resti chiuso nel bunker».
Abbondano le metafore sanitarie, a evocare un rapido ritorno in buona salute: i 49 senatori del Pd invitano a «cambiare passo» come un maratoneta olimpico, Bersani esorta «a non guardarci l’ombelico», Stefano Fassina è convinto che il Pd sia uscito «a schiena dritta» dalle urne.
Gli ingegni democratici sono tutti presi dall’elaborazione delle nuove strategie. Se estendere l’alleanza unionista all’Udc. Come dialogare con i grillini a cinque stelle. Cosa fare di Nichi Vendola. Con quali pinze prendere Di Pietro. In che modo mantenere vivo il rapporto tra eletti ed elettori. Come recuperare i voti della sinistra radicale. Quali ipotesi di riforme istituzionali contrapporre a quelle della coppia Berlusconi-Bossi. Che linguaggio, che stile, quale «racconto» (per dirla con l’Unità di Concita De Gregorio) inventare.
Nessuno, tuttavia, si occupa di alcune questioncelle. A partire dal caso Mazzarano. Egli è il campione mondiale del salto della scheda. È l’esponente del Pd pugliese candidato alle regionali con Vendola e coinvolto nell’inchiesta sulla sanità che riguarda altri «big» del partito democratico. Era già candidato quando si è saputo dell’indagine. Ha annunciato il ritiro della candidatura, sapendo che non poteva farlo perché il listino in cui era stato piazzato è immodificabile. Ha annullato le attività in campagna elettorale ma i suoi hanno organizzato una manifestazione di solidarietà al posto del comizio. È stato eletto con 6.300 voti. E adesso ha annunciato che non si dimetterà dal consiglio regionale «per rispetto dei suoi elettori». È suo diritto, e gli va riconosciuta la presunzione di non colpevolezza. Ma ci vorrebbe anche meno ondivaghezza.
Mentre i leader si profondono in alti richiami e profonde riflessioni, il partito naviga a vista tra le sceneggiate di candidature annunciate, annullate, confermate.

Il partito un tempo orgoglioso della sua diversità morale ora bordeggia fra i trans di Marrazzo, le fidanzate di Delbono, i processi di De Luca e le indagini di Mazzarano. Ma per Veltroni il problema è «non cadere nella trappola di Berlusconi».

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