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Pd, D’Alema: ora tocca a me

L’ex premier spara a zero su Veltroni: "Troppi ritardi e incertezze. Anziché attaccarmi, doveva governare il Pd". E si fa avanti: "Pronto a dare il mio contributo". Preavviso di sfratto a Valter: dì la tua

Pd, D’Alema: ora tocca a me

Roma - Il Pd non è «governato», attacca Massimo D’Alema. I suoi vertici si sono occupati di «demonizzare» lui, invece di risolvere i problemi e ora la «confusione» interna è tale che occorrerebbe una sorta di gabinetto di crisi, una «chiamata a raccolta» di tutti i dirigenti per rilanciare.

Rompe un lungo silenzio, l’ex ministro degli Esteri, per farsi intervistare dalla «sua» Red Tv. Vuol soprattutto dire la sua sulla crisi di Gaza e le responsabilità di Israele, ma il giornalista ospite che lo intervista (il direttore del Riformista Antonio Polito) lo incalza sulla situazione non esattamente rosea del partito. E lui non si sottrae. La «tregua» chiesta da Walter Veltroni fino alle Europee? «Io sono già da tempo unilateralmente impegnato» a rispettarla, assicura Massimo D’Alema. E a testimonianza chiama in causa i quotidiani: «Se sfoglia i giornali, si accorgerà che non sono nelle cronache sulle difficoltà del Pd». Ma il dibattito interno è stato caratterizzato da polemiche «amareggianti», da «confusione e sensazione di mancanza di responsabilità da parte di diversi». In particolare, lui (D’Alema) si è troppo spesso sentito «tirato per i capelli attraverso cose che non avevo detto, complotti di fantomatici dalemiani». Categoria di cui, come si sa, D’Alema ha spesso smentito l’esistenza.

La critica al gruppo dirigente veltroniano è pesante, l’accusa di D’Alema è di aver usato lui e le sue iniziative, «demonizzandole», come l’alibi di difficoltà che invece nascevano da ben altro: «È stato sbagliato, anziché affrontare i problemi del partito, alimentare una campagna per cui il Pd si trovava in una situazione splendida se non fosse per D’Alema che era cattivo, con le sue iniziative, le sue correnti, i suoi convegni». Invece di capire che «la fondazione (ItalianiEuropei, ndr) e la associazione (Red, ndr) sono una risorsa per il partito». Invece di prendersela con lui, insomma, «si doveva pensare a governare un po’ di più il Pd». Che invece sta pagando il fio di troppi «ritardi e incertezze».

«Ora - conclude - è utile chiamare a raccolta le maggiori personalità del partito per pensare cosa fare per rilanciare il progetto». Davanti alle difficoltà del Pd Massimo D’Alema crede che la conferenza programmatica debba diventare l’occasione di un «rilancio del partito» e afferma: «Io sono pronto a un contributo, anche se non ho ricevuto chiamate».

L’idea del «gabinetto di crisi» non piace affatto ai veltroniani: «C’è stata una direzione meno di un mese fa che si è conclusa unitariamente», sottolinea Goffredo Bettini. Ma il coordinatore politico del Pd, che proprio di impostare la conferenza programmatica di marzo si sta occupando, assicura che quella sarà «l’occasione per il rilancio, e coinvolgeremo tutte le personalità del partito, inclusi gli iscritti e gli esponenti della società civile, anche esterni al partito». Se ne discuterà oggi nella riunione del coordinamento del Pd, e Bettini è convinto che «convenga anche a Walter» avere da D’Alema e dalla sua Fondazione «il massimo di contributo» alla piattaforma da varare.

Intanto un nuovo attacco al quartier generale arriva da Francesco Boccia, vicino ad Enrico Letta. Che se la prende con nuora (il solito Peppe Fioroni e le sue «cadute di stile» contro Soru, Zingaretti e lo stesso Letta) perché suocera Veltroni intenda: «Se Walter si fa rappresentare da Fioroni, come può stupirsi degli innumerevoli mal di pancia che ci sono?». Quel che succede nel Pd è «stucchevole», «l’apparato organizzativo» che Veltroni ha deciso «sembra una holding, incentrato su 4 persone», e «ha avuto una delega in bianco con i risultati che si vedono». Così Boccia auspica che «di qui alle Europee nessuno più fiati», a parte il segretario.

Poi, annuncia, «si tireranno le somme».

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