RomaIl redde rationem del Pd inizia a spade sguainate (i veltroniani chiedono la testa della presidente Rosy Bindi che li ha accusati di «vigliaccheria»; i bersaniani tuonano «È lora di contarci!») e finisce a tarallucci e vino: relazione del segretario approvata, molti complimenti dagli oppositori, 32 astensioni e nessun voto contrario; Veltroni che assicura che «il partito è più unito» che pria (non che ci voglia molto, in effetti), Bersani che distribuisce pacche sulle spalle e sorrisoni, e rassicura: «Ora la bussola cè!» e Franceschini & Marini che lo aspettano al varco per farsi ricompensare con più «collegialità» (leggasi posti) laddio alla fronda e lingresso ufficiale nella nuova maggioranza allargata del partito.
Nel mezzo, sei ore e rotti di dibattito in cui se ne sono sentite di ogni colore: denunce di genocidio dallistrionico Peppe Fioroni («Non farò la parte dellarmeno nel 1917» avverte rivolto a Mustafà Kemal Franceschini); Anna Finocchiaro che accusa Veltroni di aver «rotto la grammatica tra di noi» (come se, prima del terribile documento dei 76, il Pd fosse noto nel mondo moderno per laffiatamento e il bon ton interno); Paolo Gentiloni che invoca uno «choc» per salvare il Pd (un altro?); Franceschini che annuncia «metto a disposizione di Bersani il milione di voti che ho avuto alle primarie», quando era candidato contro di lui per conto di Veltroni. Il quale in verità di «mettere a disposizione» il proprio voto non ci pensa proprio. Ciliegina sulla torta, alla fine della direzione si litiga sui numeri della votazione: i veltroniani hanno raccolto solo il 12% di astensione, sussurrano i franceschiniani. La presidente Bindi si è ben guardata dal contare i sì e persino i votanti, contrattaccano gli altri. Conclude da fuori Massimo Cacciari: «Meglio che si dividano da buoni amici, prenderebbero più voti».
La direzione è comunque servita a sancire che lex sindaco di Roma è ora lunico contraltare interno a Bersani, il neo-leader della minoranza Pd. Unopposizione morbida, comè nello stile del personaggio: «La nostra logica non è di contrapposizione frontale, vogliamo il bene della casa comune». Però ieri non ha rinunciato a tirare fuori un po di artigli, ricordando alle nuove vestali della sacra «unità» interna, che oggi si stracciano le vesti per il suo critico «documento dei 76», che a lui è stato fatto ben di peggio. Ricorda che DAlema (di cui non fa il nome) armò la corrente «Red» contro di lui mentre era segretario, e «nessuno parlò di bomba atomica» come oggi per lui; ricorda che qualche settimana fa «alcuni membri della segreteria» hanno firmato un documento (quello dei cosiddetti «giovani turchi») in cui lo si accusa di «leaderismo egocentrico, vacuo nuovismo, divismo hollywoodiano», e quantaltro di peggio. «Quando nel pieno della campagna elettorale in Sardegna Bersani si candidò via intervista per le primarie - è la zampata finale di Veltroni - non ci rimasi bene ma non obiettai. Egli sostenne che voleva solo discutere e non litigare. Ecco, uso le sue parole: anche noi stiamo solo discutendo».
Bersani dal canto suo non cerca la rissa: «Non possiamo ricominciare sempre dallinizio. Io sono per un partito dove il dibattito sia sincero e libero nei nostri organismi e nelle diverse iniziative promosse, ma il documento dei 76 è stato un errore», dice facendo contenti Franceschini e Marini. Ma poi offre a Veltroni il beneficio dinventario: «È stato un atto, un gesto che ha avuto effetti al di là degli obiettivi e dei contenuti». In sintesi: Walter non aveva cattive intenzioni, ma è stato un po avventato. La minoranza interna afferra al volo il mini-ramoscello dulivo per evitare la rottura: «Bersani ha impostato il dibattito in modo costruttivo, sgombrando il campo dalle accuse inaccettabili verso la nostra iniziativa», dice il veltroniano Giorgio Tonini.
«Abbiamo colto positivamente - ribadisce Veltroni - nella relazione di Bersani gli elementi che accolgono problemi e ansie nostre. Noi lavoriamo perché tutti insieme dobbiamo fare un Pd più forte». I post Ds insomma non alimentano lo strappo, mentre in casa ex Ppi lo scontro è ancora duro.
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