Pd: le primarie show sono solo una farsa per nascondere i guai

Il Pd sfrutta le consultazioni interne per camuffarsi da grande partito. Ma le divisioni e la perdita di consenso sono sotto gli occhi di tutti. BLOG Primarie buone e primarie cattive / A. Taliani

Pd: le primarie show 
sono solo una farsa 
per nascondere i guai

Ha vinto Cozzolino, la democra­zia è salva. Contrordine, compagni: le primarie non sono morte. Le pri­marie sono vive e lottano insieme con noi. Che dite? Che pochi giorni fa dovevano essere abolite? Che D’Alema le sbertucciava in tv? Che Bersani pensava di sospenderle? Di­menticatevelo. La nuova parola d’or­dine è «giù le mani dalle primarie». Anzi, si prega d’ora in avanti, ogni volta che si pronuncia la parola «pri­marie », di unire ad essa una delle se­guenti espressioni: «trionfo della partecipazione», «festa di popolo», «esempio di civiltà democratica». Brogli? Ricorsi? Inquinamenti? Clan? Non scherziamo, compagni. El pueblo unido nel nome di Cozzoli­no, jamàs serà vencido.

Magia rossa, miracolo a sinistra. Vedi Napoli e poi resusciti. È bastata la vittoria di un bassoliniano doc nel capoluogo partenopeo (Andrea Coz­zolino) e di un uomo dell’apparato a Bologna (Virginio Merola), per far suonare di nuovo le fanfare: «Torna a soffiare il vento delle primarie», ti­tola l’ Unità ; «Boom di voti», fa eco Repubblica ; «Sono state una festa di partecipazione», commentano a Bo­logna, «ottimi risultati», s’entusia­sma Bersani e Prodi chiosa addirittu­ra con uno spericolato «ha vinto la democrazia». Ha vinto la democra­zia?! Addirittura?! E che è? Un nuovo 25 aprile? Ora, a parte il fatto che sui metodi della vittorie della democra­zia b­assoliniana a Napoli ci sono pa­recchie ombre, si può di grazia sape­re qual è l’intruglio magico che in meno di quindici giorni ha ridato vi­gore di colpo uno strumento che sembrava destinato alla dismissio­ne? Forse che al Pd hanno trovato d’incanto la formula del Viagra poli­tico? Certo che a leggere i giornaloni del­la quotidiana disinformatija, il parti­to democratico è meglio di Lazzaro: resuscitato dal mondo dei morti. E gode pure di ottima salute. Proble­mi? Accuse? Risse? Tutto sparito co­me d’incanto.

Al Lingotto, che de­v’essere un posto un po’ magico co­me la grotta di Maga Magò, all’im­provviso hanno scoperto che anda­vano tutti d’amore e d’accordo co­me tanti Peynet a San Valentino. Ber­sani e Veltroni? In fondo hanno sem­pre detto le stesse cose. Litigavano da mesi? Era solo un problema di co­municazione. Probabilmente il par­tito non aveva pagato l’abbonamen­to Vodafone, e quindi non riusciva­no a telefonarsi. I rottamatori? E chi li ha visti? Anzi: sono mai esistiti? Renzi? Non pervenuto. Vendola? Un simpatico compagno di viaggio. Le alleanze? Problema risolto. Il pro­gramma? Tutto condiviso. Manca solo qualche dalemiano che dice che, in fondo, i romanzi di Veltroni sono dei capolavori letterari e poi il quadro è completo. Che ci volete fa­re? Povero Pd: non riuscendo da tempo a esercitare una funzione pubblica, ormai si deve accontenta­re di esercitare una finzione pubbli­ca.

La linea l’ha data, come sempre, il sermone domenicale di Eugenio Scalfari: «Ritorna in scena il partito democratico», ha sentenziato sulla base di fatti inconfutabili come il «ca­risma di Veltroni». Accidenti, il cari­sma di Veltroni, ce n’eravamo di­menticati. Il leader democratico, in effetti, ha detto che «bisogna uscire dal Novecento» (frase assolutamen­te inedita), che «ci vuole un partito che sappia attrarre» (soluzione del tutto innovativa) e poi per sorpren­dere tutti ha citato (sentite un po’) Roosevelt, Martin Luther King e la nuova frontiera kennediana. Chi l’avrebbe detto, eh? Ma tanto basta; dal momento che Veltroni torna, di­ce che bisogna uscire dal Novecento e cita la nuova frontiera kennedia­na, il gioco è fatto: il Pd è salvo, il par­tito è unito, il rischio di scissione sva­nisce nel nulla e le primarie miraco­losamente ridiventano, da pratica obsoleta, il trionfo della democra­zia. Brogli compresi.

Com’è che cantava Gaber? Far fin­ta di essere sani. Ecco, appunto. In fondo non ci vuole molto, no? Si mo­bilitano gli apparati, si portano le truppe cammellate a Bologna e quel­le bassoliniane a Napoli per evitare le figuracce ottenute a Milano, si or­ganizza una bella parata da figurine Panini al Lingotto per salvare la fac­cia, si seppellisce Vendola sotto un fiumiciattolo di retorica e di schede al sapore di lasagne e babà, poi un bell’editoriale di Scalfari,le trombet­te di Repubblica alla ricerca dispera­ta di un leader, et voilà , il gioco sem­bra fatto. La guarigione pare vera. Far finta di essere sani. Ma sincera­mente il Pd pensa di risolvere i suoi problemi citando la nuova frontiera kennediana? O Martin Luther King? Ancora?

Non sarà che la sinistra si è ridotta come si è ridotta proprio per­ché ha sempre evitato di fare i conti con se stessa? Perché ha pensato che bastasse puntare sulle difficoltà degli altri e su qualche formula vuo­ta per convincere gli italiani? E dav­vero credono di illudere ancora qual­cuno con le primarie «trionfo della democrazia»? Davvero pensano di salvare l’Italia con Cozzolino?O

con Merola? Anche con i cognomi, poi, sono sfortunati: Cozzolino ricorda troppo da vicino Bassolino per rega­lare una speranza davvero nuova. E Merola, va da sé, fa subito capire che si tratta solo di una sceneggiata.

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