Piazza. Di più: «Piazza continua». L’Unità lancia la mobilitazione infinita. La festa della donna, la Costituzione, perfino l’Unità d’Italia. Tutti sono arruolabili e arruolati per dare la spallata al Cavaliere. La magistratura non basta, la crisi economica non basta, i presunti scivoloni sul piano internazionale non bastano. Tutte le immagini e le metafore e i paragoni sono stati consumati, ma lui, il Cavaliere, è ancora lì. Anzi, per una parte del Paese, è sempre sul piedistallo. E allora avanti con rulli di tamburo, slogan, striscioni e fischietti. La copertura la danno loro, gli intellettuali: scrittori, scienziati, giornalisti, sindacalisti. Tutti embedded, come i giornalisti al seguito delle truppe americane in Iraq. Leggono brani contro l’omologazione culturale, provano a forzare i tempi della cacciata del «tiranno», creano il clima. Incandescente. Si collegano idealmente, suggestione dopo suggestione, alle piazze del Medio Oriente in fiamme.
Piazza continua. Ce ne sono almeno tre, pronte a mobilitarsi contro il Cavaliere una dopo l’altra, come gli aerei che rullano sulla pista di Malpensa. Si comincia oggi, 8 marzo, appuntamento classico per festeggiare le donne. Ma le mimose possono attendere, l’importante è lanciare un segnale, come ha ricordato la solita Unità nei giorni scorsi: l’8 marzo sarà il seguito del 13 febbraio quando le signore e le signorine unite dallo sdegno per il bunga bunga avevano invaso le strade italiane proclamando la loro impazienza con uno slogan di facile impatto: «Se non ora, quando?». Appunto il 13 febbraio.
E poi ancora oggi, l’8 marzo. E poi ancora il 12 e il 17 marzo. Ogni festa, ricorrenza, pretesto, è buono per tentare l’assalto al Cavaliere che resiste e che, incidentalmente, continua ad allargare il perimetro della maggioranza.
Non importa, c’è una sorta di Cln trasversale sempre pronto a scendere in campo, in nome di una presunta emergenza democratica, costituzionale e persino morale, conclamata dagli specialisti dell’antiberlusconismo.
Piazza continua. Come titolava ieri l'Unità, apparecchiando una prima pagina di lotta: una galleria di cartoline, un mare di facce, di mani alzate, di girotondi. Il 12 marzo sarà ancora piazza, questa volta in difesa della Costituzione. In sostanza, si replicherà la giornata di oggi, solo che in primo piano non sarà la dignità femminile, calpestata dai feste e festini, ma la dignità della nostra carta fondamentale. Che, secondo gli organizzatori, sarebbe sotto assedio perché Berlusconi, un Berlusconi descritto sempre con toni apocalittici e sempre sul punto di crollare, è disposto a tutto pur di resistere: a stravolgere le leggi, la giustizia e perfino la Costituzione.
Il 17 marzo sarà festa nazionale, per i 150 anni dell’unificazione. Ma, guarda la combinazione, anche quella data è ottima per tentare l’assalto al nemico. Tanto una motivazione, innaffiata nella retorica ciellenistica, si trova sempre. Il programma è quello eccitante di sempre: gli italiani celebreranno fra mostre, concerti e spettacoli le loro origini. Ma soprattutto, esporranno un tricolore alle finestre, mentre lui, sempre lui, pensa solo agli affari suoi. Ed è costretto a difendersi da un tribunale all’altro. È il solito schema.
Le piazze cercheranno a colpi di slogan, striscioni, e urla di dare il segnale di un’Italia che vuole cambiare e che, soprattutto, vuole far sloggiare Berlusconi. La piazza come bussola degli umori. Come magnete per il popolo. E come ariete per buttare giù il regime. Sul palco, anzi sui palchi, si esibirà la solita girandola di attori-comici-cantanti-poeti-saggisti.
Gli stessi che dalle colonne di Micromega, riserva storica dell’antiberlusconismo, hanno prodotto un altro appello: questa volta per mandare in tilt il Parlamento. Ovvero per paralizzare i lavori del Senato. Il Fatto quotidiano, che va a braccetto con Micromega e con la passerella di Flores d’Arcais, Camilleri, Fo, Hack, Rame e Spinelli, ha pubblicato una sorta di manuale di resistenza parlamentare. In pratica le istruzioni per fermare la vita di Palazzo Madama utilizzandone perfidamente i regolamenti. Per esempio, chiedendo sempre la verifica del numero legale o interrogando a bruciapelo i ministri, destinati con ogni probabilità a rimediare figuracce su figuracce. E sempre Micromega, sulla cui copertina campeggia un Cavaliere vestito da Duce, pone a un pensoso Roberto Saviano la sola domanda che fa da motore alla rivista: come liberare l’Italia da Berlusconi?
Esaltare la piazza. Mortificare il Parlamento. E chiamare a gran voce la svolta. I giornali della sinistra più sinistra fanno da colonna sonora e da metronomo delle prossime manifestazioni. E sognano la fine che non arriva. Anche se da mesi si evoca il 25 luglio, se non il 25 aprile. La giornata della donna.
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