Il Pd va all’attacco del «Giornale» Di Pietro indaga: il Colle chiarisca

RomaLa riprova che la versione dei fatti raccontata dal Giornale sul Lodo Alfano sia corretta sta anche nelle reazioni dell’opposizione. Da Fassino alla Bindi, da Soro a Di Pietro: botte al nostro quotidiano, reo di aver riportato la verità. Scomoda, politicamente scorretta, magari sconveniente ma esatta. Ma mentre il Pd si limita a insultarci, l’Idv vuole vederci chiaro.
Riassunto: come spiegare l’ira e la delusione di Berlusconi dopo la bocciatura, da parte della Consulta, del testo che sospendeva i processi per le quattro più alte cariche dello Stato? Una sorta di patto disatteso, una rassicurazione andata a vuoto, un gentlemen agreement calpestato. Fu proprio il Quirinale, secondo la ricostruzione del Giornale, a suggerire al governo di riproporre il lodo Schifani, riveduto e corretto secondo le raccomandazioni dei giudici, per non incappare in un altro niet della Corte costituzionale. Di più: di fronte alle perplessità del Guardasigilli, si attivò un consigliere giuridico di Napolitano che scrisse parte del provvedimento. In cambio, Palazzo Chigi ritirò un emendamento al decreto sicurezza che avrebbe sospeso i processi di vecchia data per dare precedenza a quelli che trattavano reati di chiaro allarme sociale. Le cronache dell’epoca (estate 2008) raccontano di fitti rapporti tra governo e Colle e di sostanziale via libera al Lodo Alfano in cambio di un colpo di bianchetto all’emendamento sulla precedenza dei processi. Il 22 luglio il Lodo venne quindi approvato dal Parlamento e poi promulgato da Napolitano. Ecco perché il premier, in fondo, pensava che il Lodo Alfano avrebbe tagliato il traguardo senza intoppi. Così non è stato. Da qui la delusione e lo sfogo su Consulta e Quirinale. Le rassicurazioni e le garanzie offertegli si sono rivelate una patacca.
Questi fatti e antefatti attorno al Lodo della discordia. Una verità imbarazzante che irrita non poco le opposizioni, lestissime a insorgere contro il Giornale, invocandone il bavaglio, con sfumature differenti. Già, perché se l’Italia dei valori anche ieri dimostrava di non avere timori reverenziali nei confronti del Colle, più volte sbeffeggiato, lo stesso non si può dire per il Pd. Antonio Di Pietro e l’europarlamentare Luigi De Magistris si sono rivolti direttamente a Napolitano, da tempo oggetto dei loro attacchi: «Rivolgiamo al presidente della Repubblica un nuovo accorato appello affinché trovino da lui smentita le inquietanti ricostruzioni pubblicate oggi su il Giornale». L’ex pm di Mani pulite va al sodo e di fatto vuole sapere: è vera o no questa versione? Risponda il Quirinale. I suoi alleati piddini, nei confronti del capo dello Stato, sono invece gommosi. Così, anziché chiedersi e chiedere se quanto da noi raccontato corrisponda al vero passano direttamente all’insulto. Parte Fassino: «Il Giornale viene usato come una clava per colpire chiunque non esprima idee o convinzioni di destra. È un modo barbaro e brutale di fare politica, che non risparmia neanche le più alte cariche dello Stato». Segue a ruota Rosy Bindi che, scandalizzata, pretende: «Il presidente del Consiglio prenda le distanze dal giornale di famiglia perché stiamo andando troppo oltre».

Sulla stessa linea il capogruppo piddino alla Camera, Antonello Soro: «Il fatto che il giornale della famiglia Berlusconi continui a portare avanti un esplicito attacco al capo dello Stato chiamandolo in causa con modesta fantasia con il ricorso a un funzionario del Quirinale è un segno palese... di un’evidente mancanza di rispetto nei confronti di Napolitano. Faremo da diga».

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