Roma - Le primarie non entusiasmano più il popolo di sinistra. A dare un duro colpo al «mito fondativo» (copyright Arturo Parisi) del Pd è stato ieri un sondaggio di Ilvo Diamanti commissionato da Repubblica, secondo il quale solo il 26% degli elettori le ritengono uno strumento indispensabile per scegliere il candidato premier.
Nel frattempo, dalla prima pagina del Corriere, il professor Giovanni Sartori spiegava perché le primarie all’italiana «fanno male al Pd»: finiscono per premiare i candidati più «estremisti» e dunque perdenti (tipo Vendola), e producono «frazionismo» nel partito, frammentandolo in tanti comitati elettorali contrapposti. La segreteria di Bersani (non certo un primarista entusiasta) coglie al balzo l’assist: le primarie vanno ripensate, approva subito il responsabile Enti locali Zoggia.
Le ultime esperienze non sono state esaltanti per il Pd: dopo le primarie vinte da Vendola in Puglia, su cui si scottò D’Alema, ci furono quelle di Firenze, vinte dall’outsider Renzi contro il candidato ufficiale Pistelli e quello dalemiano Ventura. Bersani puntò allora su primarie di coalizione e non più di partito: così il Pd, si pensava, è costretto a compattarsi su un unico candidato ed essendo più forte dei partiti alleati riuscirà ad imporlo: manco per niente, come si è visto a Milano con Boeri spianato da Pisapia. Alla vigilia delle amministrative il rischio incombe in molte città importanti, da Bologna a Torino, e il segretario pensa che sia urgente disinnescare il boomerang primarie.
Dovrà però fare i conti con i veltroniani, che difendono lo strumento e - soprattutto - il modello di «partito a vocazione maggioritaria» cui si ispira. «Hanno senso - dice Stefano Ceccanti - solo primarie di partito, in cui il leader è anche candidato alla guida del governo. Le coalizioni si fanno intorno al primo partito della coalizione». Walter si prepara a rilanciare la sfida interna, al «Lingotto due» del 22 gennaio a Torino, criticando la politica di alleanze di Bersani.
Contando molto sull’esito del referendum di Mirafiori del 15 (data in cui era inizialmente previsto anche il convegno veltroniano, poi non a caso spostato): dalle urne ci si aspetta una sonora bocciatura per la Fiom, e con essa per Vendola e Di Pietro che ne sono diventati gli sponsor politici. Nel Pd, diviso e incerto sulla questione, Veltroni ha invece sposato la linea pro-accordo, siglando su questo l’intesa con Chiamparino, e si prepara a mettere il cappello sulla vittoria del «sì».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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