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Il Pdl depresso aspetta la svolta post voto

RomaNel giorno della grande batosta elettorale, peraltro ampiamente annunciata, Angelino sceglie il semi silenzio. Alfano non parlerà prima di oggi, lasciando il suo pensiero a una nota ufficiale. «Riteniamo che gli elettori di centrodestra restino ampiamente maggioritari nel Paese - dice - Sono chiari due fatti: questi elettori non hanno scelto e non sceglieranno la sinistra e questa volta hanno massicciamente scelto l’astensione. Il loro messaggio e fortissimo: chiedono una nuova offerta politica. Siamo determinati a offrirla a loro e al Paese».
Bocche semi cucite che la dicono lunga sullo stato d’animo di un partito, da tempo sull’orlo di una crisi di nervi. Il rischio balcanizzazione del partito si è, se possibile, acuito dopo il magro bottino delle amministrative. Le forze centrifughe e centripete spingono in direzioni opposte nel segno di Monti. C’è chi legge l’esito del voto come uno stimolo per rafforzare l’intesa con i centristi di Casini (sponsor acritico di Monti) e chi, viceversa, addebita la disfatta proprio all’appoggio del governo tecnico. Non solo: forse per la prima volta un esponente del Pdl, Giancarlo Lehner, attacca a testa bassa proprio il condottiero: «Il Pdl è a un bivio e il segretario, Angelino Alfano, ha davanti a sé due strade: o si dimette o si dimette». Meno drastico il vicepresidente dei deputati azzurri, Osvaldo Napoli, che però ammette: «Il Pdl deve iniziare da oggi la sua traversata nel deserto. Chiunque pensasse di minimizzare, negare o addirittura occultare la sconfitta non vuole il bene del Pdl. Cambiare il nome e altre consimili iniziative mi sembra tempo perso, roba da tricoteuses che sferruzzano davanti alla ghigliottina elettorale».
Già, che fare adesso? Il partito sembra andare in ordine sparso. Di fronte a un Maurizio Lupi che non vede l’ora di stringere un’alleanza con l’Udc («Bisogna tornare a essere protagonisti dell’area moderata, non solo con una formula ma con un progetto, altrimenti l’area moderata sarà sconfitta»), c’è un altro vicepresidente del Pdl, Maurizio Bianconi, che imputa la débâcle all’appoggio a Monti. Si sfoga da buon toscano: «Noi l’avevamo detto che si andava a scogli: ecco fatto». E adesso? «Mica s’abbandona la nave del Pdl, questo no. Non siamo mica degli Schettini, noi». Al di là delle battute, i filo e gli anti loden continuano a spaccare in due il partito: scajoliani, il drappello di senatori vicini a Pisanu (che Berlusconi sentirà oggi), il gruppo che ruota vicino a Liberamente auspicano un appoggio più convinto al governo. Viceversa, molti ex An come la Meloni e Fabio Rampelli, ma anche qualche esponente ex azzurro, vorrebbero una maggiore presa di distanza dai tecnici.
In mezzo c’è Alfano, timoniere di una nave che forse mai ha dovuto navigare in acque così tempestose. Sulle spalle del segretario del Pdl, poi, anche l’annuncio del 20 aprile scorso quando, da Milano, comunicò, in maniera roboante, una grande novità: «Dopo le elezioni amministrative annuncerò insieme all’ex premier Silvio Berlusconi - disse ai cronisti - la più grossa novità della politica italiana, che ne cambierà il corso nei prossimi anni». Concluse con un «non posso dire di più, non chiedetemi di più» ma di fatto, adesso, in molti si aspettano un colpo d’ala. Probabilmente il partito, per com’è adesso, ha le ore contate.


All’orizzonte ci dovrebbe essere una federazione o una confederazione dei moderati, consapevoli come sono, sia Alfano sia Berlusconi, che la maggioranza degli italiani continua a non essere di sinistra. Ma il cantiere è ancora aperto e la costruzione è lungi dall’essere terminata. E il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, chiede già la convocazione di un congresso per cambiare il nome del partito.

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