Roma - Il battesimo in aula di Mario Monti di certo non scalda i cuori dei senatori del Pdl. «Ma anche sull’altro fronte non è che risuonasse molto entusiasmo, oggi oltre il governo anche il Senato sembrava tecnico» scherza un parlamentare piemontese. Una considerazione che dà la misura dello strano clima che si respira nel gruppo azzurro dove si vive la sensazione di aver perso palla e di non avere ancora chiaro cosa bisogna fare per riconquistarla. Le parole d’ordine ufficiali sono «lealtà, responsabilità e piena collaborazione». La realtà è che la botta non è ancora stata assorbita e calarsi in un ruolo così diverso da quello di inizio legislatura in poche ore è impresa davvero ardua.
«L’imperativo è marciare compatti. Ora è il momento di stare uniti, non possiamo permetterci di andare in ordine sparso» ripete Silvio Berlusconi a parlamentari e vertici di via dell’Umiltà. «Sulla fiducia a Monti valuteremo di volta in volta». L’obiettivo è avere una maggioranza granitica per far capire che i numeri sono dalla parte del Pdl. Una condizione che gli assegna potere di vita o di morte sul governo Monti. «Lo abbiamo trovato gasato, positivo, convinto di recuperare» dicono i parlamentari dopo il faccia a faccia con l’ex premier. La preoccupazione riguarda, però, non tanto le dinamiche interne al Palazzo quanto il rapporto con il territorio, la difficoltà di far comprendere le alleanze innaturali che il Pdl è stato costretto a stringere e la competizione, anch’essa anomala, con la Lega, pronta a mettere le mani sull’elettorato azzurro. Difficoltà che rischiano di riverberarsi anche sulla stagione dei congressi che comunque si svilupperà come previsto, con quelli provinciali convocati tra dicembre e gennaio. «Sarà quello il volano da cui ripartire» dice Gregorio Fontana, responsabile del tesseramento. «Non possiamo certo tradire il milione e 200mila cittadini che ha scelto di iscriversi al partito. Sarà un percorso che ci porterà, passo dopo passo, al congresso nazionale». Nessun passo indietro, insomma, a meno che il quadro non precipiti e non si ritorni alle urne in primavera. Ma la prospettiva elettorale è vista come decisamente remota da parte di tutti. Uno strappo immediato potrebbe, infatti, verificarsi soltanto in caso di misure considerate apertamente ostili. Una mina è di certo l’Ici. Osvaldo Napoli: «Non siamo d’accordo, nel modo più assoluto». E se Monti decidesse comunque di reintrodurla? «Certamente non potremo essere d’accordo». Un giudizio negativo che secondo l’esponente del Pdl, si estende anche a un esecutivo troppo sbilanciato a sinistra nella sua identità più profonda: «Mi pare sia di estrazione centrosinistra, anzi di impronta prodiana. Se vedo Gnudi, vedo Prodi. Se vedo Passera, vedo Prodi. Se vedo la Fornero, vedo Prodi. E penso che Passera potrebbe essere il futuro candidato del centrosinistra».
Un concetto ripetuto da Daniela Santanchè a Un Giorno da Pecora: «Se il governo Monti reintroducesse l’Ici difficilmente arriverebbe a mangiare la colomba. Se lo facesse entrerebbe a gamba tesa sulle gambe degli italiani. Noi siamo il centrodestra, e l’Ici l’abbiamo tolta».
È sulla reintroduzione dell’Ici, insomma, che potrebbe profilarsi il primo terreno di scontro, la frontiera politica su cui testare la capacità di resistenza del Pdl. «Il primo atto del nostro governo è stato abolire l’Ici, diventerebbe difficile accettarne la reintroduzione» commenta Altero Matteoli. E Maurizio Gasparri aggiunge: «Per Monti c’è il nostro ok per misure coerenti con la lettera di Berlusconi all’Ue. Sul resto mani libere.
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