Il Pdl scende in piazza contro il golpe morale Il sit-in è per le 12 davanti al tribunale di Milano

Il primo passo di Berlusconi poi verranno i gazebo e una protesta a livello nazionale. E al Foglio dice: "Non mi cacceranno: decidono gli italiani. Un'inchiesta da Ddr". E per domenica 13 febbraio si annunciano rinunce importanti da parte delle donne alla manifestazione della sinistra. Capofila Clio Napolitano: "Affrontiamo problemi più di sostanza"

Il Pdl scende in piazza contro il golpe morale 
Il sit-in è per le 12 davanti al tribunale di Milano

Roma - Ci dorme su. Eppoi, neanche ventiquattr’ore dopo aver accolto le richieste delle colombe che raccomandavano di non arrivare al redde rationem, decide di andare avanti comunque. Così, di prima mattina, Silvio Berlusconi alza il telefono e chiama il coordinatore regionale della Lombardia Mantovani per dare il via libera a un sit in davanti al palazzo di giustizia di Milano. Ma andando oltre l’intenzione iniziale di una protesta di basso profilo e senza insegne di partito. Alle 12.30 di oggi, infatti, sventoleranno le insegne del Pdl e sono attesi tutti i dirigenti lombardi, compresi i ministri La Russa, Gelmini, Romani, Brambilla e il sottosegretario Santanchè. Il Cavaliere, insomma, rompe gli indugi e decide di seguire la via indicata dai cosiddetti «falchi» perché, è il senso dei suoi ragionamenti, «arrivati al punto in cui siamo e con una magistratura che sta tentando il golpe bianco non possiamo non coinvolgere la nostra gente». Una decisa sterzata, soprattutto in considerazione del fatto che il sit in di oggi è solo il primo passo verso i gazebo prima e una manifestazione nazionale poi. Da tenersi ovviamente a Milano visto che l’oggetto del contendere resta la giustizia politicizzata (tutti appuntamenti di cui dovrebbero occuparsi Brambilla e Santanchè insieme al partito). Sul punto, infatti, Berlusconi sembra piuttosto deciso: «Contro questi pm non possiamo che affidarci a chi, con un voto democratico, ci ha chiesto di governare». Eppoi, spiega in alcuni colloqui privati, «non si capisce perché chi mi vuole morto raccoglie firme e scende in piazza mentre se lo facciamo noi siamo degli irresponsabili».

Una strada, quella imboccata dal Cavaliere, che suscita qualche malumore all’interno del Pdl con un vorticoso giro di telefonate tra i vertici lombardi (ministri compresi) che avrebbero preferito un sit in low profile. Niente simboli, nessuna presenza di peso e giusto un centinaio di persone per dare un segnale. Berlusconi, però, è categorico. Al punto che a manifestare contro la magistratura politicizzata dovrebbero esserci ben quattro ministri, il termometro di uno scontro istituzionale sempre più caldo. E così dalla tarda mattinata tra gli iscritti degli undici coordinamenti provinciali lombardi rimbalza un sms con cui si invitano tutti i militanti a non mancare. Con la speranza, visto il brevissimo preavviso, di arrivare a qualche migliaio di presenze.

Il premier, dunque, accelera decisamente. E dando il là alla piazza - seppure sotto forma di sit in - lancia anche un messaggio a Napolitano. I due dovrebbero vedersi a breve ed è chiaro che Berlusconi vuole illustrare al Colle lo stato dell’arte perché - è la sua convinzione - siamo davanti a «uno scontro istituzionale senza precedenti» e «tutti, nessuno escluso, devono farsi carico di quanto sta succedendo». Con il rischio concreto che capo del governo e presidente della Repubblica si trovino a leggere la situazione da prospettive diametralmente opposte. Forse è anche per questo che - fa sapere il ministro degli Esteri Frattini - non è affatto escluso che il premier si rivolga direttamente alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per violazione della privacy. D’altra parte, durante la sua ultima visita a Bruxelles Berlusconi è stato piuttosto chiaro sia con i suoi consiglieri diplomatici che con Feroci, il rappresentante permanente dell’Italia presso l’Ue: «Bisogna far capire a tutti i Paesi dell’Ue le anomalie della giustizia italiana». Con l’invito di sollecitare tutte le ambasciate europee a relazionare Palazzo Chigi su come in quei Paesi vengono gestite le intercettazioni.

La contraerea, però, Berlusconi la schiera su tutti i fronti. Non solo quello giudiziario ma anche quello politico. Facendo suo un consiglio che mesi e mesi fa gli aveva dato il segretario del Pri Nucara: far fuori l’Udc dalle amministrazioni locali dove governano con il centrodestra. Perché - dice il premier - non è possibile che a livello nazionale mirino solo a infangarmi e far cadere il governo mentre nelle regioni si spartiscono le poltrone. E in effetti in Lazio, Campania, Calabria e Sardegna i centristi vantano assessori di peso e anche vicepresidenti di giunta. Se davvero dovessero essere estromessi si rischierebbe sì di far cadere le giunte ma anche una decisa spaccatura dell’Udc che ha sempre avuto una particolare cura per le cariche sul territorio.
Ultimo fronte, invece, quello interno. Visto che il Cavaliere non sta nascondendo la sua insofferenza verso un Tremonti sempre più defilato e il più delle volte in aperto contrasto con il premier. Il caso più eclatante è quello del rinnovo della convenzione a Radio Radicale. Non solo perché nessun governo - di destra, sinistra o centro - ha mai negato il contributo alla storica emittente radicale o perché Letta lo sta caldeggiando da tempo.

Quanto perché in una situazione parlamentare così delicata sarebbe piuttosto scellerato fare un simile torto a chi conta ben sei deputati che su alcuni voti - magari sul fronte giustizia - potrebbero anche trovarsi in linea con la maggioranza.

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