Il Pdl stacca il Pd nonostante le astensioni

Nella lunga notte elettorale i dati provenienti dalle proiezioni si fanno via via meno inaffidabili. Con il passare dei minuti le certezze aumentano: l’azione del governo è stata apprezzata e il centrodestra è complessivamente uscito vittorioso, ma il Pdl ha dovuto registrare un arretramento (dal 37,3% delle politiche al 35-35,6 indicati da Sky e dalla Rai) e il sogno di portarsi oltre quota 40% come la Dc di De Gasperi e Fanfani non si è per ora concretizzato.
«Sono scontento rispetto alle previsioni, molto contento rispetto ai dati reali», ha detto il coordinatore del Pdl e ministro della Difesa, Ignazio La Russa. L’astensione al Sud e nelle isole ha pesato. «Il calo dell’affluenza costa al Pdl due punti percentuali e questo spiega il risultato diverso dalle previsioni», ha aggiunto precisando che «i due punti in meno dalle politiche sono pareggiati dalla Lega» e comunque manca all’appello l’1% dei Pensionati (andati con Mpa, Destra e Adc).
Sulla stessa lunghezza d’onda anche l’altro coordinatore Pdl Denis Verdini. «L’astensionismo del Sud potrebbe averci punito», ha commentato sottolineando che «i dati non sono negativi ma non è quello che ci aspettavamo». Gli equilibri della maggioranza, secondo il parlamentare toscano, restano invariati: «Quest’avanzamento del Carroccio non è così eclatante», ha concluso. Analoghe valutazioni anche da parte del capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto. «Ci ha penalizzato l’astensionismo. Ma avanza la Lega e cala il Pd. I democratici hanno subito una netta sconfitta e si sono fatti cannibalizzare dall’Idv», ha chiosato.
Il vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi, non si scompone: «Abbiamo altri dati, il Pdl si attesterebbe al 36,5%. Comunque la somma dei voti di Pdl e Lega dimostra che la coalizione di governo è ampiamente maggioritaria, mentre il Pd recupera non con la politica ma con l’antiberlusconismo».
Nell’analisi restano comunque alcuni punti fermi: se Atene non ride, Sparta piange. «Un partito che sta all’opposizione durante la peggior crisi economica degli ultimi cinquant’anni e riesce non solo a non crescere ma addirittura a perdere dovrebbe avere il coraggio di sciogliersi», ha sostenuto il sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto. «Il Pd non esiste più», ha affermato Osvaldo Napoli rilevando che «Berlusconi e Sarkozy sono gli unici leader di governo che escono confermati dalle urne».
Nessun commento, invece, da parte di Silvio Berlusconi. Il premier ha votato nel pomeriggio a Milano. Alle 18.50 è uscito sorridente dalla cabina numero quattro dell’elementare Alighieri. Il Cavaliere ha infilato le schede nell’urna, stretto le mani al presidente del seggio e alle scrutatrici e, poi - insieme a Licia Ronzulli, eurocandidata, e a Guido Podestà, candidato Pdl alla Provincia di Milano - si è trattenuto con una folla di elettori. Quelli che l’hanno accolto al seggio di via Scrosati, zona Lorenteggio, con gli applausi e con un coro, «Silvio, Silvio». Gli stessi che lo hanno invitato a «non mollare», che hanno fischiato un’isolata contestatrice e che, perché no, vorrebbero anche «trattenere Kakà». Tifosi che il premier rassicura: «Nulla è ancora deciso, dipendesse da me rimarrebbe qui. Kakà lo sentirò domani (oggi, ndr) al telefono... nulla è ancora deciso».
Ma il Popolo della libertà non vuole solo conoscere il futuro dell’asso del Milan, c’è pure voglia di sapere come stanno andando queste elezioni europee e amministrative con l’affluenza che alle 19 e dintorni è ancora un po’ bassina e Berlusconi non si fa pregare: «Vedremo alla fine. Penso però che saremo i numeri uno in Europa. Saremo quelli che avranno avuto la più alta percentuale in Europa». Certezza che il presidente del Consiglio accompagna da un «speriamo» riferito alla domanda se anche il Pdl avrà il maggior numero di consensi.
Virgolettati declinati da Berlusconi tra strette di mano e abbracci come quello per Rodolfo Sala, cronista di Repubblica, che insieme al leader del Pdl ironizza sul Milan. Il premier preferisce però replicare a un prossimo sposo che gli chiede a quando le «case per le giovani coppie»: «A settembre sarà realtà il piano a cui sto lavorando da mesi. Si tratta di new town che sorgeranno vicino a ogni capoluogo di provincia, in base al numero delle richieste soprattutto dei giovani che non riescono a sposarsi perché non hanno la prima casa».

È un tema caro a Berlusconi che aggiunge: «Cercheremo di avere terreni gratis, di avere servizi da Regioni e Comuni e, poi, ci metteremo d’accordo con le banche per mettere i giovani in grado di avere un rateo di mutuo inferiore ai canoni d’affitto di mercato».

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