Il Pdl vede il bicchiere mezzo pieno. La Lega: "Corte ostile, ma non ci fermerà"

Da Alfano alla Brambilla, commenti improntati alla cautela. Solo Bondi spara a zero

Roma Berlusconi se l’aspettava. Ha atteso il verdetto della Consulta sul legittimo impedimento a Palazzo Grazioli senza trepidare più di tanto e rassicurando tutti che «andiamo avanti, resto sereno e in fondo mi pare un compromesso accettabile». Il Cavaliere, con la parziale bocciatura dello scudo, riceve la conferma di quello che è il suo pensiero da sempre: i pm mi vogliono far fuori da quando sono entrato in politica e i giudici della Consulta, a maggioranza di sinistra, fanno da sponda. Ma la cautela impone toni gommosi e diplomatici, tesi a rasserenare gli animi e a evidenziare il «bicchiere mezzo pieno». L’ordine è quello di non appiccare il fuoco delle polemiche visto che chi era presente a Palazzo Grazioli (Alfano, Ghedini, Brambilla, Verdini) rilascia poi dichiarazioni soft. La sintesi la fa il Guardasigilli Alfano: «È una sentenza che conferma il principio, contenuto nella legge, che l’esercizio della giurisdizione deve tenere conto della funzione di governo». Poi Ghedini dirama una nota alla stampa: «La legge sul legittimo impedimento nel suo impianto generale è stata riconosciuta valida ed efficace e ci sono motivi di evidente di soddisfazione».
Poi c’è il «bicchiere mezzo vuoto» nella parte in cui si stabilisce che alla fine saranno i giudici a valutare di volta in volta se l’impedimento del premier a presenziare al processo sia legittimo o meno: «Nell’intervenire sulle modalità attuative - si legge nella nota - la Corte costituzionale sembra avere equivocato la natura e la effettiva portata di una norma posta a maggior tutela del diritto di difesa e soprattutto della possibilità di esercitare serenamente l’attività di governo». Un equivoco grave e che non lascia ben sperare perché «non considera la oggettiva impossibilità, come dimostrato dagli atti, di ottenere quella leale collaborazione istituzionale già indicata dalla Corte stessa, con una autorità giudiziaria che ha addirittura disconosciuto legittimità di impedimento a un Consiglio dei ministri». La conclusione è acqua sul fuoco: «Comunque - chiude la nota - le sentenze della Corte debbono essere ovviamente rispettate».
Sotto sotto il premier la pensa esattamente come la Lega che, rivelatasi ancora alleato di ferro del Cavaliere, commenta duramente la sentenza dei supremi giudici: «Non c’era da aspettarsi altro: sapevamo benissimo che la maggioranza dei giudici della Corte ha un atteggiamento ostile nei confronti dei provvedimenti voluti da questo governo». La nota del Carroccio poi prosegue: «Comunque non c’è sentenza della magistratura che può bloccare l’azione dell’esecutivo». Insomma, avanti tutta. Una strategia già anticipata dal Cavaliere sia nell’ultima intervista a Matrix, sia durante l’ultimo vertice a Berlino: «Sarò pronto a spiegare tutto agli italiani, dimostrando che i processi nei miei confronti sono ridicoli e che in Italia la giustizia è una vera e propria patologia». Detto fatto: questa mattina il Cavaliere interverrà a Mattino Cinque per spiegare cosa pensa veramente della giustizia del nostro Paese.
Facile pensare che verranno archiviati i toni diplomatici per lasciar spazio a quelli più critici, sulla stessa lunghezza d’onda di molti altri big del Pdl.

Come quelli del coordinatore Sandro Bondi, secondo cui «siamo di fronte al rovesciamento dei cardini dei principi fondamentali di ogni ordine democratico». O come quelli di Pecorella secondo cui «il rischio è che a decidere l’agenda del governo siano i magistrati».

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