Roma

Pechino è vicina... Soprattutto per fare accordi commerciali e scambi culturali

Il sindaco Walter Veltroni è appena tornato da un viaggio in Cina, in compagnia di una folta delegazione di rappresentanti dell’imprenditoria romana, della cultura, delle municipalizzate. La sua attenzione, nelle varie tappe della missione - a Pechino, Tianjin e Xian - è stata soprattutto rivolta agli scambi culturali (nel 2008 ci sarà un festival monografico cinese a Roma), agli accordi commerciali (che frutteranno circa 16 milioni di euro, grazie anche all’«esportazione» del sistema Ztl a Pechino) e «a consolidare ulteriormente i rapporti di amicizia e di collaborazione esistenti tra Italia e Cina». Nobile intendimento, senza ombra di dubbio. Ma forse i contribuenti romani - ai quali, magari, interesserebbe sapere anche quanto è costata questa trasferta - avrebbero gradito che il loro primo cittadino affrontasse anche qualche problemino che li riguarda da vicino, come la «colonizzazione» cinese dell’Esquilino e di altre zone della Capitale, con l’espulsione delle botteghe artigiane e delle attività tradizionali in barba a ogni normativa e con l’invasione commerciale che non poche difficoltà sta creando agli operatori romani. Per non parlare dell’importazione, all’ombra dei Sette Colli, della mafia dagli occhi a mandorla o di altre attività illecite, come potete leggere in questa stessa pagina a proposito del traffico di rifiuti tossici scoperto dalla polizia.
C’è un’altra «dimenticanza» che crea stupore: il sindaco Veltroni è noto per la spiccata sensibilità che dimostra nelle battaglie in difesa dei diritti umani. Ricordate il Colosseo illuminato contro la pena di morte? Ebbene, la Cina, secondo Amnesty International, è il Paese nel quale viene eseguito il maggior numero di sentenze capitali al mondo, anche se mancano statistiche ufficiali, visto che la materia è considerata «segreto di Stato». La Cina è anche il Paese nel quale ancor oggi esistono i famigerati «laogai», i campi di lavoro forzato. Possibile che Veltroni non abbia trovato modo di dire una parola, ai suoi omologhi cinesi, sul rispetto dei diritti umani? «Qui sono venuto con rispetto - ha spiegato - e già in altre sedi ho dimostrato il mio impegno sulla materia. Chi dice il contrario, lo fa per affermare una verità propagandistica sugli interessi generali». La Cina è vicina...

Ma solo per gli accordi commerciali e i giornalisti “non propagandisti”.

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