«Pedaggio sulle strade statali» A Roma non lo vogliono pagare

Il governatore del Lazio e il sindaco della Capitale: «Sul Grande Raccordo Anulare si deve viaggiare gratis»

Valerio Boni

da Milano

L'idea di istituire un pedaggio per il transito su strade statali torna d'attualità. Se ne era parlato per l'ultima volta nell'ottobre del 2004 e in questi giorni è l'argomento è entrato nuovamente nell'agenda del ministro dell'Economia. Si tratta di un'ipotesi che interessa approssimativamente 1.500 chilometri di tratti gestiti dallo Stato, in esercizio e in costruzione. Tra i quali rientra quasi un terzo di percorsi che hanno tutte le caratteristiche tipiche delle autostrade, ma sulle quali si può circolare gratuitamente. E come otto mesi fa la proposta ha provocato la rivolta dei partiti di opposizione, che nel frattempo hanno ottenuto il controllo in alcune delle regioni chiave interessate dal possibile cambiamento. In testa all'elenco dei percorsi che potrebbero non essere più percorsi senza pedaggio rientrano tratti ormai celeberrimi, come la A19 Palermo-Catania, la A3 Salerno-Reggio Calabria e il Grande Raccordo Anulare di Roma, con l'aggiunta del segmento che collega il centro della città all'aeroporto di Fiumicino.
La levata di scudi parte proprio dalla capitale e in particolare da Piero Marrazzo, fresco governatore della regione, al quale fa eco Walter Veltroni, primo cittadino romano, che non vogliono sentir parlare di scontrini, Viacard e Telepass sui 68 chilometri di asfalto che circondano la città. Ma d'altra parte non si può certo criticare la posizione di Domenico Siniscalco che, pur senza fare il leghista a tutti i costi si chiede perché i milanesi e i torinesi debbano pagare un tributo quotidiano, mentre i romani siano esentati da questa pratica.
Quello dei pedaggi sulle strade che evitano l'attraversamento dei grandi centri urbani è in ogni caso un problema di non facile soluzione, poiché anche nelle città più importanti la riscossione non può essere capillare, ma solo parziale. Se si prendono per esempio Milano e Torino, che hanno rispettivamente tre e due barriere disseminate sul perimetro, paga chi deve andare da Sesto San Giovanni all'aeroporto di Linate, o da Settimo Torinese a Venaria. Ma allo stesso tempo si possono percorrere tratti ben più lunghi, come da Lambrate a Trezzano sul Naviglio o da Borgaro a Stupinigi senza dover mettere mano al portafogli. Una disparità che deriva direttamente dalla necessità di rendere il più possibile scorrevole il traffico in entrata e uscita dalla viabilità urbana, che già è sull'orlo del collasso nelle ore di punta. E l'istituzione di caselli a ogni svincolo renderebbe ancora più complessa la situazione.
Allo stato attuale, oltre alle già citate Milano e Torino, solo Napoli ha una barriera fissa di transito, mentre Roma, Bologna e Mestre sono ufficialmente gratuite. Per le ultime due la gratuità è reale per chi utilizza gli svincoli cittadini compresi tra le barriere che collegano ai tratti autostradali. Mentre non lo è per chi proviene proprio dalle autostrade, poiché nell'importo del pedaggio della tratta percorsa è compresa una quota destinata all'attraversamento del pezzo di tangenziale. Del tutto diversa è la situazione in altri importanti capoluoghi, come Genova o Firenze, che non dispongono di una vera e propria tangenziale, ma sono attraversate o costeggiate da un'autostrada.

In questi casi, l'assenza di una «neutralizzazione» del percorso rende le varie uscite svincoli autostradali a tutti gli effetti, con l'obbligo di ritiro dello scontrino in ingresso e con il pagamento di un importo che è calcolato in base ai chilometri percorsi. Mentre una caratteristica tipica delle tangenziali è la tariffa fissa, che non varia in funzione del numero di svincoli attraversati.

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