«In pedana penso al mio baby»

La Vezzali, cuore di mamma: «Dopo il parto, cosa volete che sia un mondiale...»

Riccardo Signori

nostro inviato a Lipsia

Via il biberon, mano al fioretto. Sotto con un altro parto. Valentina apre il telefonino e mostra orgogliosa la foto di Pietro. Un’altra la metterà nella tasca della divisa da gara. Nella sacca dei fioretti non manca l’amica tartaruga. «Il suo pelouche preferito, me lo porto anche a letto». Non sembra nemmen vero sentirla parlare così. Pietro è un pupazzo umano che domenica compirà 4 mesi. «Ci vorrebbe un regalo, conto di farglielo dalla pedana: è il giorno della finale». Ammiccante, ma anche tenera. Eppoi, continua lei: «Impaurita, emozionata, ansiosa. Mi sento nel paese dei balocchi. Come fossi una debuttante. Massì, un po’ lo sono. La prima volta da mamma. Ci pensate? Sarà importante anche per Pietro». Le guance sono pienotte, tipico del «dopo parto». Le braccia e le gambe sono già fasci di nervi in tensione. Ma questa Valentina vestita di nuovo è il solito cuore di tigre trasformato in cuore di mamma.
Valentina Vezzali, la ragazza dell’urlo che conquista. Sempre lei, la dama dei fioretti che torna nel suo mondo. A Lipsia, ex Germania est, abolito il grigiore: c’è un sole che in Italia ci siamo dimenticati. La Sport Arena, il palazzo dove oggi partiranno i mondiali di scherma, dicono sia una meraviglia. Ideale per ricominciare. A 31 anni la vita è ancora lunga. «Almeno fino a Pechino 2008: non sono sazia», insiste la nostra. Dove eravamo rimasti? Al titolo olimpico di Atene ed a quello mondiale di L’Avana 2003. Di mezzo un figlio nato in giugno, eppoi una corsa contro il tempo e le nuove regole del fioretto. Vita dura. «Sono partita da 65 kg ed ora ne peso 53-54. Sono andata in pedana anche a Ferragosto. Pietro è nato il 9 giugno ed io ho ricominciato il 27. Avevo un sorriso stampato, ero la persona più felice del mondo. Anche se, quando ho ripreso a tirare, non ci capivo più niente. Sono state lacrime e pianti, quanta acqua ho versato. Quando non entravano le stoccate, quando buttavo a terra il fioretto e dicevo non tiro più, pensavo a Pietro. E mi tornava la forza».
Ecco qui la nuova Vezzali, che racconta il suo cuore di mamma, tra dubbi e vanità. Si ferma e chiede: «Le altre, come sono andate dopo il parto? Perché la May ha faticato tanto? La Idem si è ripresa subito». Sono flash che poi cancella. Ora ha altri problemi. «Non avrò con me il maestro Tomassini, il mio elettricista, quello che mi resetta quando qualcosa non funziona. Devo trovare lucidità, motivazioni, sarà una prova, sola contro tutti, contro queste nuove regole: sono cambiati apparecchio, tempo d’esecuzione e misura. Forse una scherma più vicina alla mia, ma anch’io mi devo riabituare». Montagne da scalare, sentieri da interpretare. Ma quel figlio ha già fatto il miracolo. Valentina punta gli occhi dritti al cuore delle certezze: «Cosa volete che sia un mondiale, dopo aver provato il parto? Non credevo di soffrire così tanto. Se passi il parto, passi tutto. Ho nove mesi di assenza, 20 anni di scherma alle spalle. Se cadrò, saprò rialzarmi. Questo è esser campione».
Oggi, in pedana, vedrà solo le avversarie, come un tempo. Ma ormai è difficile pensare sconnessi da Pietro. «Con lui mi sento più forte. Un bambino è gioia, non un handicap per un atleta. Ti fa venire più voglia. Questo è un messaggio per tutte le mamme. Con lui cancello l’aggressività. L’ho fatto io, lo mangerei di baci!». Certo c’è mamma e mamma. Valentina Vezzali è una che sente la scherma nella pelle. Dice per spiegarsi: «Provo emozioni che mi piacerebbe trasmettere». Forse ci riuscirà ancora. Forse Pietro un giorno capirà. E forse Valentina arriverà alla cima della sua montagna.

«Quella dove lasciare il segno del mio passaggio. Quella dove ci sono Schumacher e Valentino Rossi, Mark Spitz e la Comaneci. Tutti sanno chi sono, nessuno li dimentica». E allora forza, in pedana per non farsi dimenticare.

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