Pedofilia, la denuncia del padre di una bambina: "Un prete molestò mia figlia: lo hanno coperto"

Dopo le rivelazioni del magistrato milanese Forno sui casi nascosti in Italia, il racconto choc: "Aveva 7 anni quando il prete le mise le mani addosso. Dopo la denuncia i salesiani mi hanno isolato ". Ma non è il matrimonio a guarire i preti malati

Pedofilia, la denuncia del padre di una bambina: 
"Un prete molestò mia figlia: lo hanno coperto"

«Vuole sapere quale fu la reazione dei salesiani quando denunciai il prete che aveva messo le mani addosso a mia figlia? Fu una reazione molto semplice. Mi dissero: lei non doveva andare dai giudici, doveva venire da noi, adesso si arrangi. E da quel giorno mi hanno fatto terra bruciata intorno». Il signor G. è il padre di una bambina di dieci anni. Ne aveva sette quando raccontò alla nonna cosa era successo in oratorio, dopo che don Marco l’aveva presa in braccio. Oggi don Marco è sotto processo a Milano per violenza sessuale: l’altro ieri un’altra udienza, la prossima il 21 aprile, la sentenza in maggio. Ma più della passione morbosa di un vecchio prete per una ragazzina, la storia che racconta il signor G. parla di qualcosa di ancora più sconcertante, che è la reazione delle gerarchie ecclesiastiche alla sua denuncia. È un racconto che fa capire a cosa si riferiva Pietro Forno, procuratore aggiunto della Repubblica a Milano, quando nell’intervista al Giornale di ieri accusava i vescovi di coprire quanto accade nelle loro diocesi «per paura dello scandalo». «Da loro - affermava il magistrato - non mi è mai arrivata una sola denuncia, eppure sanno molte cose più di noi».

Apriti cielo. Eppure, a parlare con il signor G. si direbbe che Forno sia stato fin troppo cauto. Perché in questo caso i superiori del prete sotto accusa non si sono limitati a insabbiare. Hanno reagito ribaltando le parti, trasformando la vittima in colpevole, isolando lei e la sua famiglia, fino a costringerli a lasciare la cittadina alle porte di Milano dove tutto è accaduto.

«Prima di allora, io con i salesiani avevo sempre avuto un buon rapporto. Con me erano stati generosi, mi avevano aiutato quando ero in difficoltà. Ero un “mammo”, un padre single con due figli, e faticavo ad arrivare a fine mese. Dopo la mia denuncia è cambiato tutto. Ci hanno chiuso le porte dell’oratorio. Hanno impedito ai miei figli di fare la comunione e la cresima. Hanno rifiutato la loro iscrizione ai campi estivi. Hanno detto in giro che mia figlia si era inventata tutto perché io volevo estorcere del denaro alla chiesa. Ma quale padre al mondo costringe la figlia a inventarsi un racconto così?». E riferisce il racconto della figlia. Un racconto orribile, ripetuto più volte dalla piccola agli psicologi che non hanno trovato in lei contraddizioni né indizi di menzogna.

«Eppure io ho aspettato tre mesi prima di sporgere denuncia. Ero andato dal parroco, e lui mi disse: “Caspita, cosa mi dici, eravamo già in preallarme perché altre mamme si erano lamentate di don Marco, adesso chiamiamo subito l’ispettore e vediamo il da farsi, tu intanto sta zitto e non perdere la calma”. Sembrava sinceramente deciso a fare qualcosa. Poi arrivò l’ispettore dei salesiani. Non volle mai incontrarmi, e lì cominciai a capire che la musica era cambiata».

Dopo tre mesi senza che accadesse nulla, il signor G. si decise a sporgere denuncia. E da quel momento, racconta, cominciò intorno a lui l’operazione terra bruciata. «Mi aizzarono contro gli altri parrocchiani. Ordinarono a tutti di chiudermi le porte in faccia. Mi trovai di fronte ad un’organizzazione, quella dei salesiani, che ha nell’obbedienza assoluta una delle sue regole. Ma nel frattempo le indagini andavano avanti. La Procura mise sotto controllo un po’ di telefoni. Oggi quelle intercettazioni sono agli atti del processo, e raccontano bene come e perché si cercò di insabbiare tutto. Il parroco di Arese, quello che doveva vigilare su don Marco, viene ascoltato mentre fa sesso al telefono. L’ispettore capo viene intercettato mentre ordina a tutti le versioni da fornire agli inquirenti, per addomesticare le indagini. Una mafia. E tutto per nascondere la verità, perché non si scoprisse che c’erano due preti pedofili che dietro lo schermo di una onlus e dietro il nobile scopo delle adozioni a distanza violentavano i bambini. Che c’era un prete che si faceva mandare i bambini di due anni dicendo “portami quel negretto”».
Don Marco, va detto, ha negato tutto. E ancora l’altro ieri, in aula, in tribunale, tra le lacrime ha giurato di «non avere mai fatto niente di male». «Peccato - dice il signor G. - che abbia mentito durante tutte le indagini. Quando io sporsi la denuncia lui per sostenere che mi ero inventato tutto disse che mia figlia non l’aveva mai vista, che non era mai stata nel suo ufficio, e soprattutto che non c’era mai stata da sola.

Solo adesso, in aula, ha ammesso che mia figlia è stata lì, da lui, senza nessun altro, e che l’ha presa in braccio. Ma per i salesiani io continuo ad essere quello che si è inventato tutto. D’altronde mi avevano avvisato: “Se sporge denuncia, stia sicuro che gliela faremo pagare cara”».

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