Pelù: «Ho scoperto che la lentezza è rock»

da Milano

Poi finalmente inizia a dondolarsi sul divano, allunga sul bordo gli stivaloni da chicano ed eccolo, il Piero Pelù abituato a correre ai confini delle regole sin da quando era un ragazzetto sconosciuto negli sconosciuti Litfiba. Ma è solo un lampo. In realtà, e lo ammette con un sorriso largo così, «è iniziata la mia terza vita» e ora la battezza con il ciddì In faccia (il primo per la Sony) che, lì per lì, ha due pregi mica comuni ormai: è tosto, ed è breve, conciso.
Pelù, il suo sembra un disco da esordiente, non da rockettaro ben rodato.
«Il segreto è che mi sono divertito a registrarlo. Infatti il cd era previsto per il prossimo ottobre ma abbiamo fatto tutto così in fretta che a marzo il master era praticamente finito».
Che velocità. Eppure lei dice che il filo conduttore di In faccia sia la lentezza.
«È una nuova fase della mia vita. E ammetto che scoprire la lentezza per me è stata una novità, visto che io ho sempre praticato la nevrosi quotidiana. Essere lenti significa vivere meglio le cose, andare più in profondità. Essere lenti è molto rock, e mi dispiace per Celentano».
In effetti il brano Lentezza è una ballatona piena di energia.
«Quando l’ho fatta sentire per la prima volta a mio padre, che ha 79 anni ed è un tipo frenetico e nervoso, mi ha detto: “Sì, bella, bella, ma ora fammi un caffè”. Insomma lì mi sono accorto che lui non sarà mai lento».
Però anche lei quando ci si mette è molto rock. Fiorirà è uno schiaffone alla mafia.
«Nel Sud d’Italia c’è gente che dice di no al pizzo anche dopo che gli sono state bruciati l’auto e il negozio e minacciata di morte la famiglia. È a loro che ho pensato scrivendo questo brano».


E ai vecchi Litfiba non pensa mai?
«Io e Ghigo ci siamo risentiti dopo sei anni di silenzio assoluto. Diciamo che con lui si è ricostruito il rapporto personale. Ma quello musicale è ormai inevitabilmente concluso».

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