Pellegrini e Scozzoli: l’Italia è una vasca d’oro

Non c’è solo Federica. Stavolta ci sono una Lei e un Lui. Bella coppia, almeno nel nuoto. Nostra Signora dello slam ci ha fatto divertire con quel pizzico di suspence che non guasta. Ha fatto spettacolo, showgirl pure con il mal di pancia. Ha vinto i suoi (che altro dire: oggi è regina olimpica, mondiale, europea) 200 sl in rimonta, eppoi ha raccontato di aver avuto notti insonni. E (ufficialmente) non per colpa del diletto Marin. «Da tre giorni ho alterazioni, nausea, mal di pancia, problemi di stomaco e digestione. Chissà... Se passo la notte indenne vado in vasca anche nei 400 metri. Sennò… anch’io posso essere malata». Chissà? Stamane lo dirà.
Peccato se mollasse, dopo aver donato il primo oro al nuoto d’Italia e aver lanciato una giornata tutta d’oro. Quello di Federica è stato un rullar di tamburi, atteso, scontato, lottato all’inseguimento delle tedeschina Silke Lippok, una che parte sempre come avesse i razzetti ai piedi, con una gara tranquilla nei primi 50 metri, eppoi condotta a ritmo di vecchio record del mondo, quello dell’era pre costumone. Fin a superarlo (1’55”45).
Poi è arrivato lo squillar di tromba del pelatone Fabio Scozzoli, armadione da un metro e 88 per 88 kg, caporale dell’esercito ma recluta della compagnia, rapata a zero prima di arrivare al bronzo nei 100 rana. E ieri, miracoli della forma e della incoscienza, eccolo oro nei 50 rana, erede di Alessandro Terrin, ultimo titolo europeo nella rana, guarda caso nell’anno di grazia 2006, stessa distanza e stessa piscina di Budapest. Sarà l’acqua o sarà il corso e ricorso storico?
Il nuovo re ha tutto per farsi scoprire: classe’88, debuttante forlivese che si allena a Imola, tifoso dichiarato del Milan, figlio di una dentista e un allevatore, uno che non ama le ubriacature, essendo astemio, nemmen si tratti di medaglie. Ha fatto gara da rana filante e non da vacua rana parlante. Ha tenuto botta ed ha infilato la mano davanti al rumeno Agache e all’olandese Stekelenburg.
«Un oro choccante», ha detto lui senza riuscire a spiegare tutto. «Io sono un centista, mi sono sudato un bronzo nella gara mia. Qui nemmeno mi rendo conto». Il bello della diretta. Quello che aveva sognato stando davanti alla Tv, quand’era bambinello e Domenico Fioravanti vinceva gli ori olimpici nella rana. «Vero, da bambino sogni, guardi, poi ti ritrovi qui. Mi sono svegliato alle 5 di mattina e mi sono detto: cosa faccio se vinco? Dopo la semifinale avevo fatto un pensierino», ha raccontato navigando nell’immensità dello stupore. Dieci anni dopo si è ritrovato con Fioravanti che fa il commentatore, microfono in mano, e lui con la medaglia al collo. Intendiamoci, il ragazzo non è un fesso e capisce tutto. Dunque sa distinguere. «Queste non sono le Olimpiadi e i 50 non sono distanza olimpica». Dunque c’è ancora tanto da sudare. Per ora si è emozionato vedendo la lacrimuccia del suo allenatore. Gli era già capitato dopo i 100. Si chiama Tamas Gyertyanffy, ha portato il suo gioiello in Ungheria, che poi è la terra sua, ed ora lo mostra orgoglioso dopo aver allenato grandi campioni di queste parti.
Sì, c’è qualcosa che unisce questi due ori del nuoto nostro: un senso della continuità guidato dall’unione fra tecnici e atleti. La regina sempre più regina e la recluta apprendista campione. Italia nostra non poteva augurarsi di trovar di meglio. Ma dietro le luci, c’è tutto un lavoro di equipe. La Pellegrini ha ricordato ancora Castagnetti, ora che il Grande Slam è nel pedigrée. «Anche se era una cosa soprattutto mediatica, contavano di più Olimpiadi e mondiali». Invece la necessità di avere accanto un allenatore di fiducia, e un team ben costruito, sarà la strada maestra da qui a Londra. «Alberto sapeva come condurmi alla gara, cosa dirmi prima, magari sgridarmi. Era possessivo, con lui ero blindata. Ora, con Morini, dobbiamo crescere insieme. Tante volte sono io a dirgli come indirizzarmi, come gestirmi».
Un po’ regina e un po’ allenatore, diva e show girl, figlia e un po’ bambina quando regala due baci alla mamma. Lei che dice: «Sono cresciuta, ma ho bisogno sempre di sostegno e stimoli». Gli altri che pensano: sembra tutto così facile. E ieri Federica si è presa l’ultima rivincita su Laure Manaudou: ha abbassato il tempo che valeva il record mondiale della bisbetica francese.

Fu una storia di botta e risposta: la Pellegrini scende sotto il record dei 200 a Melbourne nel 2007 e la francese glielo toglie il giorno dopo, con tanto di oro al collo. Oggi sembra un altro mondo. E la regina non è di carta (velina).

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