Giuseppe Pellizza (1868-1907) come Pietro Mascagni: per i più, lartefice di un solo successo, rispettivamente Cavalleria Rusticana e Il Quarto Stato. Questultimo, capolavoro divisionista per come la pennellata si riduce a strie sottili, le sfumature di colore paiono infinite e la luminosità, portata al massimo grado, acquista non solo una grande forza emozionale ma anche una simbolica nel composto eppure dirompente incedere dei lavoratori con la loro speranza di progresso sociale.
Che lartista non sia solo Il Quarto Stato lo hanno dimostrato le manifestazioni promosse dal Comune di Volpedo con «Pellizza 2005: Paesaggi inediti, ovvero quattro opere importanti più una quindicina fra disegni, studi o tele di piccolo formato esposti nellatélier (oggi museo) cui il pittore accedeva da casa: tre grandi finestre, un lucernaio con velario, davanti i prati e la campagna con gli odori, la luce e i colori della terra, fuori la carrucola per fissare le grandi tele.
La mostra, curata da una studiosa come Aurora Scotti, si divide fra il quotidiano di ombrelli e gessi, tavolozze e vernici più lo splendido autoritratto a carboncino, due veline del Quarto Stato per il riporto sulla tela e anche il modello in gesso del bimbo che la donna porta in braccio. Cè Valletta a Volpedo (1902-1905): autunno, un castagno arancione che riverbera il suo colore su tutta la boscaglia, sullo sfondo un cielo azzurro striato di nubi bianche. Ai primi del Novecento Pellizza aveva detto: «Sarò il pittore del paesaggio dopo essere stato il pittore della società» mentre si fa mandare pubblicazioni di paesaggisti inglesi come Turner.
Appunto quel Cascinale dove, per fasce orizzontali, le varianti dal rosa al viola, a contrasto con verdi e gialli, ci rivelano lImpressionismo di chi ha conosciuto il Divisionismo. Più una chicca, una cosa per gioco: Il tran-tran Volpedo-Voghera del 1903.
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