Penati minaccia: «Votiamo le ronde o cambio la giunta»

L’ottimismo è un sostantivo che Filippo Penati non pratica. Difficile reclamargli un sorriso. Alle spalle del presidente della Provincia ci sono cinque anni di giunta con quelli che gli impongono pure l’esegesi dei testi sacri di Mao-Tse Tung e Deng Tsiao Ping. Adesso, l’inquilino di Palazzo Isimbardi vorrebbe andare oltre. Impresa di marketing elettorale non facile anche perché gli elettori non dimenticano.
Ma stavolta, garantisce l’inquilino di Palazzo Isimbardi, è la volta buona per dimostrare di essere il dominus di via Vivaio e non l’ostaggio di Rifondazione and company. «O dicono sì alle ronde oppure si cambia giunta», bofonchia Penati al cronista e con tanto di precisazione, «quando dico “si cambia” non voglio dire che si mette mano all’agenda e si rifissa un’altra data». Messaggio chiaro e «democratico» avverte il presidente: «O votano lo stanziamento di 250mila euro oppure cambio la giunta perché rappresento quel milione di elettori che mi hanno scelto».
L’ultimatum - in soldoni, o mangi questa minestra o salti da ’sta finestra - è diretto agli assessori che nella giunta di via Vivaio rappresentano i partiti del «su le ronde non ci stiamo»: Rifondazione comunista (assessori Giansandro Barzaghi, Bruno Casati e Irma Dioli), Verdi (Pietro Mezzi), Sinistra democratica (Paolo Matteucci) e Comunisti italiani che però in giunta non sono più rappresentati. Sei assessori che già in passato avevano tentato di imporre a Penati un’autocritica in stile Pol Pot e che, pure oggi, il presidente vorrebbe, eufemismo, tenere in pugno con il diktat della nuova giunta.
Operazione déjà vu, dicono da Rifondazione, dove chiosano che il Penati-pensiero contro la richiesta del Prc di «non presentare in giunta la delibera già annunciata sulle ronde» è testimonianza che «Penati è in evidente difficoltà». E mentre Sinistra democratica si interroga su qual è la «sensibilità politica di chi vorrebbe costruire per le provinciali una coalizione ampia e democratica», l’inquilino di via Vivaio fa sapere che «mi candiderò con la parte politica che approverà il mio progetto. Un progetto rivoluzionario per Milano e i milanesi».
Di certo, finora, di «rivoluzionario» nella lista per il presidente - sarà presentata alla stampa ai primi di marzo - ci sono solo Philippe Daverio, Benedetta Tobagi e Franco Bomprezzi. Cognomi celebri che, commenta il free lance Bomprezzi, «condividono il progetto di Penati» e, attenzione, «indipendentemente dai risultati». Come dire: non si corre per riconquistare Palazzo Isimbardi.

Scelta di partenza che fa pensare non poco chi - Rifondazione, Sinistra democratica, verdi e Comunisti italiani - chiede il «passo indietro» sulle ronde: evidente che per vincere, Penati, ha bisogno ancora del voto radicale della sinistra. Altrimenti? Ha passato cinque anni della sua vita senza poter sorridere.

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