Era già tutto previsto. Ma ora è anche nero su bianco. E messo tra virgolette. Filippo Penati vuol trasformare la Serravalle nel cavallo di Troia per espugnare il mercato delle autostrade. E, come annunciato, fare dellex sindaco dellex Stalingrado dItalia il re dellasfalto. Con buona parte di Verdi ed ecologisti imbarcati in campagna elettorale e accolti in giunta. E allora il presidente della Provincia, se mai ce ne fosse stato bisogno, esce allo scoperto e in unintervista al Sole 24 Ore mette in piazza il segreto di Pulcinella. Lintenzione di fondere in ununica corporate Serravalle, Pedemontana e Tem (Tangenziali esterne Milano), le tre società che amministrano una buona fetta del sistema viario milanese e lombardo. Un colosso autostradale a quel punto secondo solo ad Autostrade per lItalia e Gruppo Gavio. La strategia è piuttosto semplice. Almeno per chi continua ad occuparsi della vicenda. Protagonista è Asam (99 per cento della Provincia), società che si occupa di acqua. O, meglio, si occupava perché con un colpo di bacchetta e laggiunta di una semplice «m» nel nome Penati lha trasformata in agenzia per le strategie sulla mobilità nellarea milanese. Miracoli della politica. Ad Asam, dunque, Palazzo Isimbardi conferirà le quote di Serenissima, dellautostrada della Cisa, della Tem e il 37,7 per cento di Serravalle. Un patrimonio di 1,5 miliardi di euro di cui il 30 per cento, annuncia Penati, «potremmo cedere esclusivamente a partner finanziari (fondi, banche, fondazioni bancarie)». incassando denaro con cui pagare Banca Intesa che ha anticipato il cash per comprare il 15 per cento di Serravalle dal socio privato Marcellino Gavio. Il diavolo, quando a trattare con lui era Ombretta Colli, presidente della Provincia di Fi mentre Penati era il segretario della federazione cittadina dei Ds.
Ora le cose sono cambiate. E di molto. Ma il piano Penati non va davvero giù al centrodestra, nel frattempo finito allopposizione. E da Palazzo Isimbardi il vice capogruppo azzurro Max Bruschi annuncia a breve la presentazione del ricorso al Tar. Che andrà ad aggiungersi a quello presentato da un più che stizzito Gabriele Albertini alla Corte dei conti. «Il 21 luglio - attacca Bruschi - allordine del giorno del consiglio provinciale cerano le variazioni al bilancio. Un emendamento avrebbe consentito di accantonare i fondi per lacquisto delle azioni, senza forzature. Ma lofferta di Gavio sarebbe diventata pubblica e Albertini avrebbe contro-offerto scatenando unasta al ribasso che avrebbe ridotto di almeno un terzo il prezzo e fatto risparmiare ai cittadini dai 150 ai 200 miliardi di vecchie lire». Per Bruschi lunico a perderci sarebbe stato Marcellino Gavio, «che non avrebbe rivenduto al triplo le azioni vendutegli nel corso degli anni dalle amministrazioni di centrosinistra». «Ma qualcuno - aggiunge Bruschi - dovrebbe mettere insieme i pezzi di un mosaico che lascia intravedere un altro focolaio di questione morale.
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