L’inquilino di Palazzo Isimbardi sa che questo governo lo manderà a
casa. È questione di tempo. «L’eliminazione delle nove Province delle
aree metropolitane» chiosa Filippo Penati, ci sarà «in un prossimo disegno di legge collegato alla Finanziaria, che prevede l’istituzione delle Città metropolitane».
Certezza che, naturalmente, non impensierisce il presidente Penati. Sa che l’impegno del governo Berlusconi per sciogliere l’ente di via Vivaio gli risolve un problemino non da poco: con alle spalle ventidue anni di onorata carriera, per Penati correre alle Provinciali è davvero rischioso e, tra l’altro, lo esclude dalla competizione in sfide molto più avvincenti. E con nella manica un asso: essere da sempre un pasdaran della Città metropolitana che cancella cda ingombranti (Ato, Parchi, Acque etc.) lasciandone la gestione - «più efficiente e meno costosa» - appunto al nuovo ente sovracomunale. Low profil riformista che piace, ad esempio, al ministro dell’Interno Roberto Maroni - «ci sono tutte le condizioni per aprire un’interlocuzione proficua» annota il disponibile Penati - e che, quindi, spinge il presidente della Provincia a reclamare lo smantellamento delle Prefetture. Soluzione nel nome della «modernizzazione», contro «tutto ciò che c’è di polveroso» e per costruire «la Casa del governo, struttura moderna».
Desiderata che Penati presenta al ministro per i Rapporti con le Regioni: Raffaele Fitto raccoglie mentre il prefetto milanese Gian Valerio Lombardi tace e il leghista Matteo Salvini offre «un posto in lista a Penati, basta solo che riconosca la Padania».
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