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Pene più severe per chi ruba il cellulare

La morte risale a giorni fa, ma solo ora è emerso il biglietto con i motivi del gesto

da Roma

Il cellulare è uno strumento «vitale», pertanto per chi lo ruba scattano pene più severe. Anche se il telefonino è stato inavvertitamente dimenticato in auto e quindi esposto alla «pubblica fede». Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che ha reso definitiva la condanna per furto aggravato ad un 33enne, Sergio T., per avere sottratto un cellulare dall'abitacolo di un furgone lasciato momentaneamente incustodito dal proprietario.
Per la Suprema Corte, contrariamente a quanto accade per il furto di oggetti dimenticati per distrazione sull'auto, nel caso del telefono cellulare, data l'utilità dello strumento, la pena deve essere più severa comprensiva dell'aggravante. E questo perché, chi ruba un cellulare, arreca un danno «non lieve» data la «rilevanza economica» dello strumento utile anche nel lavoro.
Ad infliggere la pena severa di furto aggravato nei confronti di Sergio T. era stata la Corte d'appello di Torino nel febbraio del 2005. Contro la pesante condanna, l'autore del furto si è rivolto alla Cassazione sostenendo che la circostanza aggravante non poteva sussistere dal momento che il telefonino era stato dimenticato dal proprietario e quindi era esposto alla pubblica fede. La V sezione penale ha respinto il ricorso sottolineando come «la nozione di necessità, che legittima l'esposizione alla pubblica fede deve essere intesa non in senso assoluto, ma in senso relativo cioè in rapporto alle particolari circostanze che possono costringere il soggetto passivo a lasciare le proprie cose fuori della sua vigilanza e custodia».
In particolare, i supremi giudici, concordando con il giudizio di merito, nella sentenza 26947, hanno rilevato che «il cellulare era stato collegato alla strumentazione viva voce», in maniera tale che «il portarlo via avrebbe comportato per il soggetto passivo un disagio, pure se modesto» dato «dalla necessità di compiere una serie di manovre per scollegare il telefono e toglierlo dall'apposito alloggiamento in cui era installato».
Ecco perché secondo la Suprema Corte «non appare affatto priva di plausibilità o di rigore giuridico la valutazione positiva in ordine alla ricorrenza del requisito della esposizione della cosa alla pubblica fede, siccome dettata da evidenti ragioni, più che di consuetudine, di vera e propria necessità». Respinto anche il ricorso relativo al fatto che il danno di natura economica nel rubare un telefonino sia lieve.

Da qui il rigetto del ricorso dell'autore del furto che dovrà anche pagare le spese del procedimento.

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