Ha ancora una maglietta bianconera a strisce verticali indosso, non va più in rete ma in fuga. «E quando vinco - perché vinco - non mi copro più la testa con la maglia per festeggiare, perché in sella ad una bicicletta potrei rompermi losso del collo».
E pensare che Fabrizio Ravanelli, ex bomber di Juventus e Lazio (per lui due scudetti, una Champions, una coppa Uefa, due coppe Italia, una supercoppa europea e una italiana), si è dato al ciclismo per rimettere in sesto la schiena. Delicato intervento dernia al disco e il medico gli pose la fatidica domanda: bicicletta o nuoto? «Io per la rieducazione scelsi la bicicletta».
Dai campi di calcio, alle vette più ripide. Dai colpi di testa, ai colpi di mano. Dalle corse a perdifiato, alle progressioni infinite. Dopo una vita alla ricerca del cross da tradurre in rete, al momento giusto per trovare la fuga buona.
«Ho sempre avuto la passione per la bicicletta ci racconta Fabrizio, oggi fantastico 40enne, commentatore per le reti Mediaset, un patentino di allenatore in tasca e oltre 20mila chilometri in un anno in sella alla sua Colnago -. Quando giocavo a calcio, la bicicletta era lo strumento ideale che usavo con maggior piacere per tenermi in forma in estate. Ho fatto il tifo per Francesco Moser, ma soprattutto mi sono esaltato per le imprese di Marco Pantani: nessuno come lui».
Tifoso di Moser e Pantani, amico di Daniele Bennati e Ivan Basso. «Con Daniele sono uscito più volte in bicicletta, spero che possa coronare il suo sogno sabato prossimo: la Sanremo è alla sua portata. Con Ivan ho pedalato sullo Stelvio, è una persona squisita, un grande corridore, sono sicuro che al Giro dItalia sarà lui luomo da battere».
Lui, Fabrizio Ravanelli, sposato e padre di tre figli, intanto vince. Quattro gare: una vittoria e due secondi posti. «I due secondi posti potevano essere due vittorie se solo avessi corso in maniera più accorta. Invece mi conoscete, sono un generoso».
Oggi sarà impegnato a Forte dei Marmi nella cronosquadre della Versilia, organizzata dallex professionista Michele Bartoli. Formazioni da otto, 180 le squadre iscritte. Lui correrà con suo fratello Andrea per la squadra di Massimiliano Lelli, altro professionista degli anni Novanta. «Io sono un buon passista, mi piacciono i lunghi rapporti, sono un po come Moser. La cosa che mi manca è labitudine ai cambi».
Senta Ravanelli, e il calcio?
«Lo seguo in tivù come commentatore. Ma oggi cè soprattutto la bicicletta, anche se non vi nascondo che il sogno di andare su una panchina cè e rimane. Il sogno dei sogni invece è lavorare per la Juventus. Io sono juventino da sempre, non per niente la maglia della Umbria Cycling Team è bianconera».
Per il calcio italiano, però, non è un gran momento.
«Juventus e Roma hanno mille e più attenuanti, lInter ha sbagliato la partita dandata al Meazza. Il problema vero, però, è che da noi tutto è troppo esasperato: in Inghilterra non è così».
Le piace Mourinho?
«È un grande personaggio e soprattutto è un grande allenatore. Non mi è piaciuto solo quando ha criticato Roma, Milan e Juventus».
Sa che anche Claudio Gentile, altro grande giocatore della Juventus e della nazionale come lei (22 presenze 8 gol, ndr), adora la bicicletta?
«Lui fa cicloraduni, io faccio le gare. Categoria veterani, dai 40 ai 47 anni, la più tosta. Cento chilometri a gara, con medie sempre superiori ai 45 km/h. Claudio è un grande appassionato, ma io vado molto più forte».
Oggi la crono di Forte dei Marmi e domani?
«Ho in mente di dedicarmi anche al biathlon: dieci chilometri a piedi, 40 in bicicletta e altri 5 a piedi».
E la panchina?
«Per il momento mi basta una sella, ma se la Juve dovesse chiamarmi...».
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