Metti che destate, per gli effetti nefasti del sole che picchia sulle capocce, a uno salti in testa di essere la reincarnazione di Horatio Nelson o di Francis Drake e che dopo questa straordinaria presa di coscienza, provi limprovviso e irrefrenabile desiderio di mettersi per mare su una barca a vela.
Ecco, in questa infausta, ma non rarissima, ipotesi la prima cosa che si può fare per aiutare il malcapitato è mettergli in mano il libro di Carlo Romeo Mollare gli ormeggi (Longanesi, pagg. 208, euro 12,60). Non è uno dei tanti noiosissimi, e spesso inutili, manuali coi disegnini, quelli che cercano di spiegare al neofita cosa fare quando il mare diventa forza otto (la risposta ovvia è: pregare) o quando lelica tritura la cima che ci assicurava al corpo morto (la risposta ovvia è: stare più attenti, prima) e nemmeno uno di quei testi ispirati che decantano la bellezza del navigare alla ricerca del proprio io («Cioè, in barca ho trovato me stesso...»). È piuttosto un garbato e ironico percorso maieutico che conduce il lettore dal porto al mare aperto. Una sorta di «Lo zen e larte di non farsi ammazzare dal proprio equipaggio» oppure «Lo zen e larte di non distruggere il 12 metri che si è appena noleggiato». Nel testo, infatti, di cose tecniche ne troverete pochine. Troverete invece un arguto scrittore che senza mettersi in cattedra vi racconta un po di filosofia e di bon ton del mare aperto della rada e dellapprodo. Il tutto condito con perle di saggezza della marineria dantan come limmortale «Sono i porti che rovinano gli uomini e le navi» (del già citato Lord Nelson).
Il risultato è apprezzabile perché chi le barche le ha già praticate ritrova folgoranti descrizioni di vita vissuta (memorabile la parte sui «trasferimenti» o quella sullormeggio), mentre il neofita mette assieme alcune idee ben chiare, non inquinate dalla manualistica (le letture sugli effetti evolutivi dellelica conducono spessissimo il principiante - con ancora stretta convulsamente in pugno la tavola 2, immagine A, capitolo 3 - contro il molo). Sentendosi invece raccontare le cose come gliele racconterebbe un vecchio amico, metabolizza dettagli fondamentali e trascuratissimi. Tipo: attenti a chi imbarcate, non rompete le scatole ai vostri vicini dormeggio, entrare in porto spesso è più complicato che fare spettacolari strambate in mezzo alle onde, in barca le tronchesi sono più utili che in giardino... Sempre che un po di ghiaccio sulla cervice e qualche goccia di Bromazepan vi liberino dal desiderio di salpare lancora.
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