Pensioni, il governo chiude le «finestre»
4 Settembre 2006 - 00:00I più penalizzati saranno i nati intorno al 1950 e in gran parte residenti al Nord
Fabrizio Ravoni
da Roma
Insieme alla legge finanziaria, e a una serie di atti amministrativi, «forse sarà necessario anche un decreto legge», annuncia Tommaso Padoa-Schioppa. Il decreto legge probabilmente non interesserà laspetto fiscale della manovra (fra laltro, gli atti amministrativi potrebbero interessare anche lAnagrafe tributaria concentrata sul contribuente e non sullimposta), ma quello dei risparmi di spesa. E, nel caso specifico, le pensioni. Non è escluso, quindi, che il decreto anticipato dal ministro dellEconomia riguardi il blocco delle pensioni.
Se il governo vuole eliminare o ridurre lo «scalone previdenziale» della riforma Maroni-Tremonti e vuole portare a 58 anni (dai 57 attuali) letà minima per andare a riposo dopo 35 anni di contributi, è essenziale intervenire con un atto di legge che entri in vigore immediatamente il 30 settembre, insieme allapprovazione della legge finanziaria da parte del Consiglio dei ministri.
La modifica della normativa previdenziale, infatti, deve essere preceduta da un decreto che blocca una, se non due, finestre previdenziali. In caso contrario, tutti i lavoratori con i requisiti in regola andrebbero a riposo appena possibile: come dimostra la «corsa» alle pensioni di anzianità, segnalata dallInps, con una crescita di oltre 66 mila pensioni rispetto al 2005.
Con il decreto, invece, proprio perché modifica i parametri, sarebbero costretti a restare al lavoro per sei mesi, o - forse - per un altro anno. Ne consegue che i lavoratori che a novembre (data della prossima finestra) hanno maturato i requisiti richiesti (57 anni detà e 35 di contributi) con il decreto si vedranno costretti a restare al lavoro. E potranno andare a riposo soltanto quando, in base alla nuova normativa, avranno raggiunto i 58 anni ed i 35 anni di contributi.
Con il nuovo profilo previdenziale tratteggiato da Cesare Damiano, infatti, oltre ad elevare di un solo anno letà pensionabile viene rispettato il programma dellUnione che prevedeva di superare lo «scalone» dei tre anni (da 57 a 60) previsto dalla riforma Maroni-Tremonti. «Scalone» che sarebbe scattato nel 2008. In più, il governo sembra orientato ad allungare ulteriormente letà lavorativa attraverso un meccanismo - ancora da mettere a punti nei dettagli - di incentivi e disincentivi.
Ed è ancora tutto da studiare il meccanismo di copertura delleventuale intervento in materia previdenziale. La riforma Maroni-Tremonti prevedeva 4 miliardi di risparmi a partire dal 2008. La modifica dei requisiti richiesti si trascina dietro un mancato risparmio (od una maggiore spesa) che, per il 2007, i tecnici dellEconomia stimano nellordine dei 2 miliardi di euro. Risorse che devono essere individuate nella legge di bilancio.
Da notare che a restare imbrigliati nel blocco previdenziale sarebbero i lavoratori che sono entrati nel mondo del lavoro subito dopo il Sessantotto, nati intorno al 1950. In massima parte, del Nord. Proprio su questi profili professionali ci fu una lunga discussione fra Tremonti e Maroni prima del varo della riforma della precedente legislatura. La Lega, infatti, voleva difendere questi profili professionali, tantè che lentrata in vigore della riforma venne fatta scattare a partire dal 2008 per queste ragioni. Ora, quei lavoratori - con il decreto di blocco delle finestre - sarebbero costretti a restare in servizio; peraltro con bonus decisamente ridotti rispetto a quelli in vigore.
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