Pensioni, i sindacati a Padoa-Schioppa: basta col terrorismo

Il ministro censura i colleghi che promettono l’abolizione dello scalone. E Cgil, Cisl e Uil s’infuriano: aspettiamo ancora le cifre dell’impatto economico della riforma

Pensioni, i sindacati a Padoa-Schioppa: basta col terrorismo

da Roma

C’è un «pressing terroristico», sul sindacato. Il ministro dell’Economia «spara cifre» ed è «venuto meno a un impegno che si era assunto». Tra i sindacati e Tommaso Padoa-Schioppa i rapporti sono sempre stati tesi. Ma l’ultima mossa del dicastero ha fatto andare su tutte le furie Cgil, Cisl e Uil. Sotto accusa, un lungo articolo di indiscrezioni pubblicato da Repubblica nel quale via XX settembre censura i ministri dalle promesse facili, in particolare quelli che parlano con disinvoltura di abolizione dello scalone previsto dalla riforma Maroni, mentre lo scatto dell’età pensionabile da 57 a 60 anni nel 2008 - avverte Padoa-Schioppa - può essere al massimo «perfezionato». L’arma che il ministro utilizzerà al tavolo con i sindacati è un dossier della Ragioneria generale dello Stato nel quale si stima che la rinuncia alla riforma previdenziale del governo Berlusconi costerà 164,1 miliardi di euro in 20 anni. A questa cifra vanno aggiunti 35 miliardi se non verranno aggiornati i coefficienti previsti dalla Dini. In tutto poco meno di 200 miliardi.
Argomentazioni e calcoli respinti dai sindacati. A partire dal segretario confederale della Cgil Morena Piccinini (è lei ad aver parlato di «pressing terroristico»), sorpresa perché un ministero del governo Prodi ha dato alla riforma Maroni un valore superiore rispetto a quello dichiarato dal centrodestra. Il segretario generale della Uil Luigi Angeletti e il leader della Cisl Raffaele Bonanni prendono spunto da due episodi del passato recente, cioè la sovrastima del deficit 2006 e la sottostima delle entrate fiscali dello stesso anno, per smontare anche questa ultima previsione del ministero. Quelli che hanno parlato dei 200 miliardi in venti anni - ha osservato il primo - «sono gli stessi che pronosticavano che nel 2006 il nostro deficit avrebbe superato il 4,6 per cento del Pil». Se i conti «sono stati effettuati con gli stessi criteri con cui erano state previste le entrate fiscali nel 2006 e l’andamento della spesa pubblica, allora possiamo stare davvero tranquilli», ha aggiunto il segretario della Cisl secondo il quale «Padoa-Schioppa dovrebbe evitare che si faccia confusione e terrorismo psicologico».
Anche il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani ha abbandonato la abituale prudenza e ha accusato direttamente il ministro dell’Economia. Nella cena di Palazzo Chigi «avevamo detto che il confronto si fa ai tavoli e non attraverso i giornali». Quindi, «se c’è Padoa-Schioppa dietro» alle indiscrezioni, allora l’ex componente della Bce «è venuto meno a un impegno che anche lui si era assunto». Le valutazioni sull’impatto economico, ha aggiunto il sindacalista, devono essere date «nei tavoli di confronto», noi «li abbiamo chiesti e non ce li voglio dare».
In realtà le stime in mano ai sindacati non sono molto diverse rispetto a quelle della Ragioneria. È noto, ricorda il segretario generale aggiunto della Cisl Pier Paolo Baretta che con lo scalone vale lo 0,7 per cento del Pil, circa nove miliardi all’anno. «Ma non è così che si fanno i calcoli - protesta il numero due della Cisl -, è come se noi ci presentassimo al tavolo dicendo che l’aumento dei contributi previsto dalla finanziaria, che vale da tre a cinque miliardi all’anno, pesa per 80 miliardi in venti anni. Sarebbe un gioco di prestigio».
Se i sindacati sono sorpresi, più che per le cifre è per la tempistica delle indiscrezioni, uscite proprio mentre da Cgil, Cisl e Uil arrivano segnali di disponibilità. Non al mantenimento dello scalone, che il documento unitario chiederà di abolire. Ma ormai nessuno si sente di escludere un compromesso sui «gradini» più volte evocati dal ministero del Welfare, cioè un aumento graduale dell’età pensionabile.

Il documento che Cgil, Cisl e Uil tengono in un cassetto in attesa che il governo convochi le parti, probabilmente per la metà di febbraio, non riporterà questa soluzione. Ma conterrà un passaggi sulla necessità di adeguare il sistema all’andamento demografico. E l’unico modo per farlo, se non si vogliono tagliare le rendite, è rinviare l’età del ritiro.

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