Pensioni, l’ira di Dini e Bonino: "Prodi cede agli estremisti"

Sulla riforma delle pensioni cominciano a rullare i tamburi di guerra anche alla destra dell’Unione. Dini, esponente della Margherita e padre della riforma previdenziale: "Questo accordo è irricevibile, non lo voterò io, e non lo voterà un numero non piccolissimo di senatori"

Pensioni, l’ira di Dini e Bonino: "Prodi  cede agli estremisti"

Roma - Sulla riforma delle pensioni cominciano a rullare i tamburi di guerra anche alla destra dell’Unione.
Mentre Prodi e il suo ministro Damiano sono incartati tra i cedimenti alla Cgil e i nuovi diktat della sinistra massimalista, cui cercano di far digerire prima possibile un accordo minimal sui 58 anni, sul fianco opposto della coalizione si apre una falla pericolosa. L’annuncio lo dà Lamberto Dini, esponente della Margherita e padre della riforma previdenziale: «Questo accordo è irricevibile, non lo voterò io, e non lo voterà un numero non piccolissimo di senatori». E visto che, come lo stesso Dini poco prima notava ironicamente, «questo governo in Senato non ha una maggioranza», e che invece, come avverte il ministro Emma Bonino, la modifica della Maroni dovrà «passare per un voto parlamentare e trovare una maggioranza» che la approvi, si capisce che il campanello d’allarme per Palazzo Chigi sta suonando a tutto spiano.
Chiamati a raccolta da Emma Bonino, decisa a dare uno «stop» riformista alla trattativa «al ribasso» sulle pensioni, in molti ieri hanno dato voce al malcontento profondo dei moderati dell’Unione. Ai quali dà manforte il leader del «family day», Savino Pezzotta: «A volte sono necessarie riforme impopolari: l’età pensionabile va alzata». Dini denuncia l’ennesimo «cedimento agli estremisti». Ricorda che «Ds e Margherita in un anno di governo hanno già perso tanti consensi per questo, non siamo disposti a continuare. Sono imbestialito per l’atteggiamento del premier: dice di volere “un accordo forte”. Ma per lui vuol dire mettere d’accordo Cgil, Prc e Pdci, nemmeno un 20% della coalizione. E gli altri dovrebbero subire?».
Prodi, denuncia il senatore, «non ha il coraggio di sfidare la sinistra», ma stavolta deve avere «uno scatto d’orgoglio» e non «cedere» ancora. E non si tiri in ballo il fatto che il superamento dello scalone sta nel programma dell’Unione: «Quel programma è superato: per riavere la fiducia, il premier ha indicato le sue nuove priorità nel “dodecalogo” approvato da tutti. E lì, in quei punti per lui “non negoziabili”, non si parla affatto di scalone. E si dice anche che in caso di divergenze nella maggioranza, decide Prodi. Bene: decida». Del resto, chiosa la Bonino, «nel programma c’erano pure i Pacs, e che fine hanno fatto?». Dini ne ha anche per il titolare dell’Economia: «Padoa-Schioppa sta tentando di resistere, ma quanto reggerà? Si ricordi che ha una grande forza: mettere le sue dimissioni sul tavolo». Anche perché, sottolinea, sarebbe bene «tenere conto di cosa si aspetta l’Europa, che è sempre più dura con noi».
Il convegno dei Radicali, nel quale molti lodano «il coraggio di D’Alema» a favore dell’innalzamento dell’età pensionistica, si trasforma ben presto in tiro al bersaglio contro l’eliminazione dello scalone. «La verità - denuncia la Bonino - è che i cittadini non sanno che stiamo parlando di un costo pesantissimo di 7 miliardi nel 2008 per un provvedimento che riguarderebbe solo 100mila persone. E si sta decidendo di risorse così ingenti, che saranno sottratte ad altre priorità, solo con i sindacati». Sindacati che «ormai rappresentano solo interessi particolari», denuncia il dl Antonio Polito, «mentre il governo fa l’errore di riconoscerlo come rappresentante di quelli generali». E solo perché «è troppo debole per reggere uno sciopero generale». L’ex ministro Treu si dice «preoccupato» per le proposte «poco rassicuranti» del governo sulle pensioni, mentre il senatore dell’Ulivo Giaretta le boccia drasticamente: «Un accordo sui 58 anni sarebbe un’ingiustizia». Enrico Boselli, leader Sdi, esorta Prodi a «non arrendersi alla sinistra».

E un altro senatore ulivista, Natale D’Amico si chiede: «Come possiamo andare avanti con un governo che continua a risponderci: voi riformisti dite cose ragionevoli ma se le facciamo la sinistra ci fa cadere e torna Berlusconi? È un discorso irritante, un circolo vizioso che va rotto. Non voglio più sentirmi responsabile delle scelte irresponsabili della sinistra». E avverte: «Non è vero che chi tocca le pensioni muore. Piuttosto, muore chi non le tocca...».

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