da Roma
Il piano pensioni del governo, a pochi giorni dalla ripresa della trattativa con le parti sociali, è in pieno caos. L’unica certezza riguarda l’aumento, da 45 a 70 euro mensili, degli assegni più bassi. Per il resto, la confusione è massima: in particolare sullo «scalone» e sull’accorpamento degli enti previdenziali, con la creazione del cosiddetto Super-Inps. I sindacati hanno chiarito che lo scalone dev’essere abolito, ma così si aprono le porte nel solo 2008 a 130 mila pensionamenti in più rispetto alla riforma Maroni. Per quanto riguarda il futuro mega-ente pensionistico, lo stesso governo parla di «opzione di confronto superata», aggiungendo che se ne discuterà comunque al tavolo della concertazione. Più caos di così.
Verso un boom di pensioni. Sono quasi 130mila i lavoratori dipendenti e autonomi che, senza lo scalone (cioè il passaggio da 57 a 60 anni d’età per i pensionamenti anticipati con 35 anni di contributi versati), potrebbero accedere al pensionamento di anzianità. Secondo il modello previsionale dell’Inps, si tratta di 86.500 dipendenti e 43.000 autonomi (129.500 in tutto). L’applicazione delle riforma Maroni farebbe slittare il loro pensionamento da un minimo di uno a un massimo di quattro anni, con grossi risparmi di spesa. Per far slittare lo scalone, o sostituirlo con gli «scalini» cari al ministro del Lavoro Cesare Damiano servono risorse di cui, a tutt’oggi, il governo non dispone. L’idea è di finanziare l’abolizione dello scalone con i risparmi derivanti dall’accorpamento degli enti previdenziali. C’è un solo problema in proposito: quei risparmi, in realtà, non esistono.
Il Super-Inps. La bozza di riforma degli enti previdenziali, che una fumosissima nota di palazzo Chigi definisce «una opzione superata», sarà comunque discussa al tavolo della concertazione. Vi si ipotizzano risparmi di 220-270 milioni di euro, a regime. Il fatto è che lo scalone, a partire dal 2012, fa risparmiare oltre 7 miliardi di euro l’anno. Inoltre tutti (compresi i vertici della Ragioneria dello Stato) sanno che nei primi anni l’accorpamento non produce un solo centesimo di risparmio, anzi è fonte di spesa. Il solo accorpamento dei database fra Inps e Inpdap, secondo gli esperti, costerebbe centinaia di milioni di euro. La bozza prevede inoltre l’insediamento di un commissario straordinario, che entro un anno dovrebbe completare l’unificazione.
Sindacati contro il «mostro». Ma su questo progetto il sindacato si è già messo di traverso. La Cisl, anzi, ha alzato un vero e proprio muro: il Super-Inps è un «mostro», come lo definisce il segretario Raffaele Bonanni, che avrebbe un unico risultato, quello di creare 15mila esuberi nei vari enti. Ma siccome i dipendenti pubblici non si possono licenziare, né mettere in cassa integrazione, dovrebbero essere ricollocati in altri uffici con enormi problemi (uno per tutti, lo stipendio dei dipendenti di Inps e Inpdap è più basso del 15% rispetto a quello dei ministeriali). La Confindustria è favorevole alla semplificazione, ma non vede ragioni, come ribadisce il direttore generale Maurizio Beretta, per modificare le riforme Dini e Maroni.
Martedì nuovo round. La trattativa sulle pensioni fra governo e parti sociali riprende martedì: sul tavolo la questione dei coefficienti.
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