Pensioni, ultimatum Cgil a Prodi

Antonio Signorini
da Roma
«Se il governo non verrà al tavolo con una proposta e non dirà quello che vuole, Cgil, Cisl e Uil non parteciperanno neanche alla trattativa». E se la risposta del governo non piacerà ai sindacati, allora «noi non staremo fermi». Il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani ha dato voce al disagio delle tre principali confederazioni sindacali, irritate per l'assenza di reazioni al documento sulla competitività presentato ufficialmente ieri. L'attenzione dell'esecutivo è stata monopolizzata dallo scontro sulla politica estera. E il timore dei segretari generali è che a dare le carte sia ancora una volta la sinistra radicale, principale concorrente dei sindacati da quando al governo c'è Romano Prodi.
La trattativa. Difficoltà che il ministro del Lavoro Cesare Damiano ha provato a ridimensionare: «Anche noi dobbiamo presentarci con una posizione unitaria e su questo ho abbastanza fiducia». Ma ai sindacati non basta: «Serve una proposta unica e non ministri che parlano singolarmente», ha protestato il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni. Degli altri esponenti di maggioranza e di governo, solo il viceministro all'Economia Roberto Pinza ha affrontato il nodo delle pensioni, prevedendo un dialogo «complesso» visto che sarà comunque necessario trovare un accordo sull'età.
La posizione del sindacato. Il documento conferma la posizione di Cgil, Cisl e Uil. La trattativa sulla previdenza parte dall'abolizione dello scalone della legge Maroni (da 57 a 60 anni con 35 di contributi a partire dal 2008). Con una disponibilità a sostituirlo con soluzioni più blande come gli «scalini». «Il sistema è sostenibile, bisogna tornare ai 57 anni», ha spiegato il leader della Uil Luigi Angeletti. Se a fine trattativa i sindacati dovessero dare il via libera all'innalzamento graduale dell'età pensionabile a partire dal 2008, l'Italia potrebbe comunque scontrarsi con il no dell'Ue, visto che la Commissione europea ha promosso il sistema italiano solo a patto che vengano rispettate le riforme in vigore. Anche l'Ugl venerdì e sabato terrà un consiglio nazionale a Chianciano e confermerà la richiesta di abolire lo scalone.
Conservatori. Su questo il sindacato appare ancora «conservatore», ha commentato Maurizio Sacconi, ex sottosegretario al Welfare, che denuncia il «regresso verso soluzioni che riapriranno la voragine della spesa previdenziale». Ma nel documento sindacale il senatore di Forza Italia vede «segnali interessanti nella richiesta di incentivare fiscalmente il rapporto tra salari e produttività». Un'impostazione condivisa dagli azzurri che presenteranno, annuncia Sacconi, «un disegno di legge di completamento della riforma Biagi che comprende una tassazione definitiva e separata nella misure del 50 per cento di tutte le componenti variabili del salario, in particolare premi e straordinari, convenute in sede aziendali». Positivo anche «il fatto che sembra rinviata alla contrattazione e non alla legge ogni aggiustamento della Biagi».
La linea Cisl. Nel sindacato sarebbe quindi passata la linea della Cisl che punta non modificare o a modificare il meno possibile la legge di riforma del lavoro varata dal centrodestra, lasciando eventuali correzioni ad accordi tra le parti. Un'impostazione che Epifani sembra avere fatto propria: «Non si può sempre affidare tutto alla legge perché il rischio sarebbe quello di una scorciatoia».

Una difesa della legislazione del Lavoro vigente è arrivata dal vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei nel corso di un'audizione sull'indagine conoscitiva della Camera sul precariato. In Italia più di un terzo dei rapporti di lavoro a tempo (il 36 per cento) si trasformano in contratti a tempo indeterminato.

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