Pensioni, Visco si ritrova a difendere lo scalone

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da Roma

I tempi di lavoro «sono destinati ad allungarsi in tutti i Paesi», e «non è possibile por mano allo scalone senza sostituirlo con misure equivalenti, anche se con profili temporali diversi». Nel dibattito sulla riforma delle pensioni fa il suo ingresso Vincenzo Visco. Un intervento destinato a non soddisfare i sindacati. Il viceministro dell’Economia, oltre a postulare interventi sostitutivi dello scalone, dice una cosa di cui Cgil, Cisl e Uil non vogliono neppure sentire parlare: bisogna applicare le norme della riforma Dini che riguardano i coefficienti di trasformazione (che determinano l’entità delle pensioni); in caso contrario, la spesa previdenziale è destinata a salire. Intanto, il ministro della Funzione pubblica Luigi Nicolais annuncia che, entro gennaio, la riforma del Tfr sarà estesa al pubblico impiego.
Visco, attenti alla spesa. Il nodo della contesa è ormai noto: dal 1° gennaio 2008 scatta lo scalone, ovvero il passaggio da 57 a 60 anni d’età per il pensionamento d’anzianità, con un risparmio di spesa a regime di circa 9 miliardi di euro; il governo Prodi ha promesso che lo scalone sarà abolito, ma non sa come ottenere i risparmi. Ed ecco che Visco dice: togliamo pure lo scalone, ma non bisogna lasciare correre la spesa. Fumo negli occhi dei sindacati. E difatti il segretario della Uil Luigi Angeletti replica: lo scalone è da abolire, ma non va compensato con altre misure. Quanto alla revisione dei coefficienti, «si tratterebbe di una azione punitiva nei confronti dei giovani, perché riguarda chi lascia il lavoro fra vent’anni», spiega Angeletti. Contro i disincentivi per innalzare l’età pensionabile si schiera il ministro della Solidarietà Paolo Ferrero (Rifondazione): «La strada trovata da Prodi - dice - è quella giusta: solo incentivi per aumentare l’età». Mentre il guardasigilli Clemente Mastella se la cava con una battuta: «Anziché lo scalone, vorrei qualche gradino».
Le cifre dell’Inps. L’incertezza sulle prossime regole di pensionamento hanno spinto, nel 2006, molti lavoratori a rifugiarsi nella pensione d’anzianità. I trattamenti liquidati, dice l’Inps, sono stati 186.321, con un incremento del 34% rispetto al 2005. Tuttavia il numero, anche comprendendo le domande giacenti ma non ancora accolte, è inferiore ai 208mila pensionamenti del 2004. L’Inps ha anche fatto i calcoli dell’impatto sui pensionati del nuovo regime fiscale introdotto con la legge finanziaria: per 9,4 milioni di pensionati ci sarà un calo di prelievo, mediamente di 84 euro l’anno; per quasi 5 milioni la tassazione resterà invariata, mentre per poco più di mezzo milione ci sarà un aumento di importo. Su base mensile, l’incremento sarà pari a 8 euro e 56 centesimi per le pensioni minime, a 7,81 euro per le sociali, a 4,77 euro per gli invalidi.
Tfr anche per gli statali. La riforma del Tfr in vista della previdenza complementare varrà anche per i dipendenti pubblici. L’assicura il ministro Luigi Nicolais. Una commissione apposita sta completando i lavori, spiega il titolare della Funzione pubblica, ed entro la fine del mese «avremo la riforma del Tfr anche per i pubblici dipendenti». Per Luigi Angeletti «è questione di qualche settimana». Attualmente, tranne che nel caso della scuola - dove però il fondo Espero, sottoscritto da poche migliaia di insegnanti su quasi 900mila, è stato un flop - i dipendenti pubblici non hanno previdenza complementare di categoria. I lavoratori interessati sono circa tre milioni.

Intanto, la Covip (l’organismo di vigilanza sui fondi pensione) ha reso noto che circa il 75% dei fondi è pronto a ricevere il Tfr dei lavoratori privati che vorranno investire nella previdenza complementare. I decreti applicativi dell’«operazione Tfr», per il settore privato, saranno predisposti dal ministero del Lavoro entro il prossimo 20 gennaio.

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