Roberto Fabbri
Continua, con nuove rivelazioni, la storia infinita delle profanazioni del Corano nella prigione di Guantanamo, cominciata lo scorso 2 maggio con la pubblicazione sul settimanale Usa Newsweek di denunce anonime a secondini che avrebbero gettato nel gabinetto il testo sacro musulmano per fare pressione sui detenuti islamici sospettati di terrorismo. Ieri il Pentagono ha fornito nuovi dettagli sulla vicenda, riferendo con precisione i dati di uninchiesta relativa a cinque casi di mishandling (gestione inappropriata) di copie del Corano da parte di addetti alla sorveglianza dei prigionieri. Inchiesta imbarazzante per il Pentagono stesso, che pochi giorni fa aveva smentito che ci fossero stati episodi credibili di questo genere a Guantanamo.
Comunque il più noto presunto episodio, che aveva scatenato furiose e violente reazioni in molti Paesi musulmani con morti e feriti durante alcune manifestazioni (quello del Corano gettato in un gabinetto con tanto di sciacquone tirato per spregio), è stato smentito dal generale Jay Hood, il comandante della prigione di Guantanamo al quale è stata affidata linchiesta.
I militari Usa hanno invece confermato, come si diceva, cinque episodi. In uno di questi, un detenuto aveva lamentato che una guardia avesse urinato sul suo Corano: linchiesta ha accertato che il secondino aveva lasciato la sua postazione per recarsi allesterno e aveva urinato vicino a un condotto di ventilazione. Lurina, trascinata dalla corrente daria, era finita «accidentalmente» dentro una cella e aveva spruzzato il detenuto e il suo libro. Una versione piuttosto incredibile: sta di fatto che al detenuto erano stati dati una nuova uniforme e un nuovo Corano, mentre la guardia era stata rimproverata e trasferita a un nuovo incarico.
In un secondo episodio un Corano era stato calpestato da un civile incaricato di interrogare i prigionieri: luomo per questo era stato licenziato con la motivazione di «comportamento inaccettabile». Gli altri tre casi confermati dal Pentagono riguardano un Corano inzuppato dacqua da secondini che avevano lanciato palloncini pieni dacqua dentro alcune celle, un altro preso a calci da una guardia e infine una copia sulla quale era stata scritta in inglese unoscenità. In questultimo episodio, linchiesta afferma che non è stato possibile stabilire con certezza se lautore della scritta sia stato il militare o il prigioniero: si sottintende che nel secondo caso la parolaccia sarebbe stata scritta proprio allo scopo di gettare discredito sul personale di sorveglianza.
In conclusione quindi, secondo linchiesta nel complesso i militari americani della base di Guantanamo hanno trattato con rispetto il Corano, malgrado qualche «raro incidente», appunto i cinque episodi «di trattamento irriguardoso» di cui sopra. Il generale Hood ha tenuto a precisare che i trasferimenti dei detenuti e le perquisizioni delle celle dal gennaio del 2002 a oggi si contano a migliaia. Cinque casi in tutto di mishandling starebbero dunque a dimostrare che «il rispetto per le credenze religiose fa parte della cultura» delle forze armate americane.
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